“Supermercato” dei bambini: soddisfatti o rimborsati

Nelle scorse settimane,le cronache annunciavano il cospicuo risarcimento, riconosciuto a una famiglia, per la mancata diagnosi prenatale, di una grave malformazione da cui era affetto il loro bambino alla nascita, avvenuta ormai dieci anni fa.Pur riconoscendo il sentimento di dispiacere,che si prova al pensiero delle difficolta’ che la famiglia intera dovrà  affrontare per garantire al proprio figlio una vita serena, appare sempre più urgente fare una seria  riflessione sul valore della vita in questa nostra società, ormai fuori controllo.
Si calcola che le patologie da malformazione d’organo siano circa il 5/6 per cento dei nuovi nati per un totale di quasi 8 milioni di bambini all’anno nel mondo.Con la tecnologia in uso ai nostri tempi, sembra sia possibile effettuare test clinici che permettono una diagnosi quasi certa, già dal secondo trimestre di gravidanza. L’ obiettivo di tali esami è quello di evidenziare anomalie nello sviluppo del feto, ma di rado hanno lo scopo di intervenire per curare malattie che renderebbero la vita del nuovo nato disagevole, quanto piuttosto, per sopprimere quella piccola e indifesa vita, con la giustificazione di evitargli le peggiori sofferenze.A proposito, non ci sono dati consolidati sul numero dei casi di interruzione volontaria di gravidanza per anomalie, in Italia, poiché i dati nazionali non sono resi noti quanto alle motivazioni, ma studi locali come quelli della provincia di Trento, indicano decine di aborti  per malformazioni d’organo ogni anno.Considerando che questi test non sempre sono attendibili, c’è da chiedersi: quanti feti sono stati abortiti senza presentare malformazioni reali? Nel caso preso in esame, è avvenuto il contrario: la malformazione c’era ma non è stata diagnosticata da nessuno, altrimenti quel bambino non sarebbe mai nato.
E proprio questo ha portato alla sentenza del giudice: non c’è  stata liberta’ di scelta se far nascere quel bambino o no.Una tale sentenza si pone in perfetta linea con la mentalità sacrificale dei nostri tempi…chi non è perfetto non deve nascere perché non è corrispondente al sogno.Il medico che non si è accorto dell’anomalia, deve dunque risarcire il danno, anche quello morale.A questo punto, il pensiero non può non correre al caso di Alfie Evans, il bambino di Liverpool nato con  un disturbo neurovegetativo non diagnosticato e oggetto di battaglia legale tra i genitori, che volevano continuare le cure, e il ritiro del supporto vitale che l’equipe medica decise di sospendere perché” scortese e disumano”, portandolo alla morte, tra terribili agonie, cinque giorni dopo.E inoltre, chi appartiene alla mia generazione ricorderà certamente i non rari casi di bambini nati con danni permanenti dovuti a difficoltà occorse al momento del parto, oppure con malformazioni congenite che all’ epoca non potevano certo essere individuate.Eppure, quei bambini venivano accolti e la loro diversità era considerata una dimensione naturale della vita e certo a nessuno veniva in mente di chiedere un risarcimento.C’era, sicuramente, il senso del mistero, del sacro e ogni vita veniva rispettata e accudita con il suo carico di fatica e di gioia.Era questo che donava senso all’ esistenza, arrecando soddisfazione e pace.Oggi, che l’ uomo si crede capace di prevedere e gestire qualunque destino e liberarsene  quando sembra inaccettabile, si può dire altrettanto? Può aiutare la testimonianza di Dorothee Lehman contenuta nel suo libro” Vita con Dagmar” in cui l’ autrice descrivendo la sua esperienza di madre di una bimba affetta da sindrome di Down  afferma ” …i  ventitre’ anni passati con lei  di giorno in giorno sono diventati più belli, più luminosi, più semplici e chiari a causa dell’ amore, senza di esso è come vedere il mondo in uno specchio deformante; ciò che è segno d’amore si tramuta in una caricatura e ciò che è incantevole risulta svalutato.” E ancora ,”Questo libro è la testimonianza di ciò che un meraviglioso, piccolo essere umano è stato capace di fare: aprire gli occhi su tante cose alle persone che gli stavano intorno e non sapevano vedere.” Riscoprire dunque il senso della vita e accoglierla ci salverà dal nostro egoismo, facendoci persone vere.

Maria Cariati
Comitato “ Pro-life insieme “
www.prolifeinsieme.it