Sterilizzazione permanente: come distruggere la femminilità

Egregio Direttore,
Mi consenta di replicare da donna, da credente, da volontaria impegnata in ambito culturale nella difesa della vita nascente e della famiglia.
https://it.investing.com/news/company-news/fda-approva-a-femasys-di-continuare-lo-studio-pivotale-per-la-contraccezione-non-chirurgica-93CH-3073598
In merito all’articolo “FDA approva a Femasys di continuare lo studio pivotale per la contraccezione non chirurgica” (Investing.com, 3 novembre 2025), che celebra l’avanzamento del dispositivo FemBloc come “opzione non chirurgica per la contraccezione permanente attesa da tempo”, emerge una narrazione che privilegia l’innovazione tecnologica a scapito della dignità umana e della sacralità della vita.
FemBloc, descritto come un sistema che inserisce un polimero proprietario nelle tube di Falloppio per indurre la formazione di tessuto cicatriziale e occludere permanentemente le vie riproduttive, non è altro che una forma di sterilizzazione artificiale. Pur evitando incisioni e anestesia, il meccanismo – degradazione del polimero in cicatrici – altera irreversibilmente la fisiologia femminile, esponendo le donne a rischi noti come infezioni, dolore cronico pelvico e complicanze ectopiche, come documentato in studi su procedure analoghe (ad esempio, dati dalla American College of Obstetricians and Gynecologists). L’errore di fondo consiste nel pensare che la fertilità sia un difetto da correggere, invece che un dono intrinseco alla femminilità.
Qui si tocca il cuore dell’umanità: la donna non è un oggetto da “ottimizzare” per convenienza sociale o individuale. L’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI (1968) insegna che “ogni atto matrimoniale deve rimanere aperto alla trasmissione della vita” (n. 11), condannando esplicitamente la sterilizzazione diretta come intrinsecamente disonesta, poiché separa l’unione coniugale dal suo fine procreativo. San Giovanni Paolo II, in Evangelium Vitae (1995), denuncia tali pratiche come parte di una “cultura della morte” che riduce la persona a mero strumento, ledendo il diritto fondamentale alla vita e alla integrità corporea (n. 13). Il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2370 e ss.) ribadisce che la contraccezione artificiale, inclusa la sterilizzazione, “contraddice il senso autentico dell’amore coniugale”, privando la donna della sua capacità generativa e ferendo la sua identità più profonda.
Immaginiamo una madre che, spinta da pressioni culturali o economiche, opti per questa “soluzione permanente”: non solo perde la possibilità di accogliere una nuova vita, ma rischia di affrontare un vuoto interiore, come testimoniato da innumerevoli donne che, dopo sterilizzazioni, vivono rimpianti e depressione. Il vero femminismo, radicato nella femminilità autentica, celebra la capacità della donna di generare vita, non la sopprime per un’illusoria autonomia. Invece di promuovere dispositivi che mercificano il corpo, la società dovrebbe investire in educazione alla fertilità naturale e supporto alla maternità, come auspicato dal Magistero.
Questa approvazione FDA non è un trionfo, ma un passo verso l’alienazione dall’umanità. Urge un ripensamento etico che ponga al centro la persona, non il profitto.

Prof. Vittoria Criscuolo
Vicepresidente Comitato “Pro-life insieme”
www.prolifeinsieme.it