Egregio Direttore,
Vorrei commentare l’articolo “ L’aborto è un diritto ma non è garantito ovunque”.
Da attivista pro-life desidero confutare alcune affermazioni, a partire dal titolo, visto che, in Italia, la legge 194/78 non stabilisce che l’interruzione di gravidanza sia da considerarsi diritto, tanto è vero che si intitola “ Norme per la tutela sociale della maternità “, il primo punto è la protezione della maternità. Inoltre, si ribadisce che l’aborto non va considerato mezzo di controllo delle nascite, cosa che invece accade quasi sempre.
Il fraintendimento della ratio della legge ha determinato, purtroppo, un cambiamento di mentalità per cui, appunto, l’aborto è scambiato per un diritto, secondo il principio del più forte: la madre sul bimbo non nato. Nel 2024, dopo mezzo secolo di applicazione della 194/78 e più di 6.000.000 di bimbi mancanti all’appello, e visto che i biologi di tutto il mondo riconoscono che la vita umana inizia dal concepimento, non c’è da stupirsi che i medici siano in maggioranza obiettori: come possono violare il giuramento di Ippocrate “ primum non nocere “?
Credo sarebbe il caso di cambiare approccio e porsi due domande, a sostegno della donna, del padre, della famiglia. La donna dopo l’aborto soffre per decenni, la mia esperienza di ascolto delle mamme mancate parla di numeri da capogiro. Non penso sia saggio offendere l’anima di noi donne perpetuando una posizione che mi sento di definire preistorica.
Per Pro-life insieme
Prof. Vittoria Criscuolo