Egregio Direttore,
Leggo sulla sua testata un articolo e da medico le chiedo di poter intervenire. https://news-town.it/2024/12/16/affari-pubblici/ginecologia-san-salvatore-solo-3-medici-su-13-non-obiettori-di-coscienza/
Lamentare, da parte dei consiglieri politici, la sospensione del servizio di distribuzione della pillola abortiva RU-486, significa non essere ben informati. Occorre infatti che costoro sappiano e ricordino che l’aborto farmacologico presenta una frequenza di complicanze da 3 a 7 volte superiori rispetto all’aborto chirurgico, che comprendono emorragie, infezioni, etc. fino alla morte materna.
(https://osservatorioaborto.it/i-costi-della-legge-sullaborto-e-gli-effetti-sulla-salute-delle-donne/)
Complicanze che aumentano con l’avanzare delle settimane di gravidanza.
In particolare, il mancato o incompleto aborto aumenta con l’età gestazionale, rappresentando il 5% dei casi nelle gravidanze di 8-9 settimane.
https://www.msdmanuals.com/it/casa/problemi-di-salute-delle-donne/pianificazione-familiare/aborto
Ovviamente poi, l’aborto chirurgico è praticamente indolore sul piano fisico, con una procedura che si completa in poche ore, mentre l’aborto farmacologico è doloroso e dura alcuni giorni.
Pertanto, optare per l’aborto farmacologico richiede una organizzazione e una capacità di seguire la donna superiori a quelle richieste per l’aborto chirurgico, contrariamente a quanto si potrebbe immaginare.
Inoltre, poiché la procedura non è immediata e la donna potrebbe trovarsi a dover raccogliere in autonomia i resti abortivi (cioè il corpicino dell’ embrione), nel caso di aborto farmacologico bisognerebbe sempre spiegare alla donna almeno altre due cose :
1. che fino all’assunzione della seconda pillola (la prostaglandina) può esercitare la facoltà di ripensamento e provare a salvare il bambino assumendo adeguate dosi di progesterone;
2. che il materiale abortivo contenente i resti dell’embrione, più o meno grande e visibile a seconda dell’epoca gestazionale, può essere raccolto e avviato a inumazione al cimitero, eventualmente passando per il servizio sanitario che ha seguito la donna per la procedura.
3. che la donna soffre per decenni di sindrome post abortiva, come confermano gli psicologi che intervengono per aiutarla a elaborare il lutto, ma come testimoniano anche i sacerdoti che accolgono le confessioni reiterate di chi non riesce a perdonarsi per l’aborto commesso anni e anni prima.
Per tutte queste ragioni, conviene pensare alla donna non come a un automa cui si può propinare qualsiasi veleno ( in America la RU era nota come “ kill pill” per l’alto numero di decessi che ha causato, come anche in Italia, anche se non se ne parla) ma come a essere prezioso che può scegliere di valorizzare la maternità e portare avanti una gravidanza, anche se si presenta inaspettata.
Grazie dell’ascolto
Per “Pro Life Insieme”
Dott. Roberto Festa
medico di base