La decisione del Consiglio Comunale di Madrid di informare le donne sui rischi psicologici post-aborto non è un “mito” clericale, ma un atto di responsabilità verso la salute femminile, fondato su dati scientifici e un’etica che riconosce la dignità della vita umana dal concepimento. L’articolo del blog UAAR del 8 ottobre 2025 liquida la “sindrome post-aborto” (PAS) come propaganda pseudoscientifica, ignorando una mole di evidenze che documentano depressioni, ansie e traumi persistenti in molte donne dopo l’interruzione volontaria di gravidanza (IVG). Questa negazione non solo minimizza il dolore reale, ma perpetua una narrazione ideologica che sacrifica il benessere delle donne sull’altare dell’autodeterminazione assoluta.
Studi globali rivelano che il 34,5% delle donne sperimenta depressione post-aborto, con variazioni significative tra contesti culturali. Una revisione sistematica su oltre 1 milione di casi evidenzia un rischio raddoppiato di ospedalizzazioni per problemi mentali a lungo termine dopo l’IVG, con sintomi che includono depressione, disturbi alimentari e timori di infertilità. Interventi psicologici intensivi riducono questi effetti, confermando che non si tratta di “stigma” inventato, ma di conseguenze concrete che meritano attenzione. Organismi come l’APA negano l’esistenza di una “sindrome” codificata, ma ammettono che ricerche inconcludenti non escludono impatti emotivi negativi. Ignorare questi dati significa tradire le donne, come quelle che, in testimonianze raccolte da associazioni pro-life, descrivono un vuoto interiore: “Ho perso non solo un figlio, ma una parte di me”, confida una madre in un report italiano.
Aborto e Magistero della Chiesa cattolica
Dal punto di vista etico, il Magistero della Chiesa cattolica, nell’enciclica Evangelium Vitae di Giovanni Paolo II, denuncia l’aborto come ferita alla coscienza umana, che genera “dolore silenzioso” e alienazione. Non è “controllo clericale”, ma un richiamo alla verità: la vita concepita è sacra, e sopprimerla non può essere privo di ripercussioni. In Spagna, reti come Actúa Familia difendono questo principio, contrastando una laicità che riduce la gravidanza a “diritto individuale”, trascurando il nascituro come soggetto di diritti.
L’articolo UAAR evoca un “oscurantismo” delle destre, ma è proprio la rimozione di questi rischi che discrimina, lasciando le donne sole con il loro dolore. Madrid ha scelto la trasparenza: informare sui potenziali traumi non è propaganda, ma prevenzione. In Italia, come documentato su prolifeinsieme.it, commenti del dott. Alberto Virgolino sottolineano come negare effetti post-IVG equivalga a disprezzare la salute femminile per interessi ideologici. È tempo di una narrazione onesta, che onori la vita e sostenga le madri, non le illuda con silenzi complici. La procreazione medicalmente assistita (PMA) promette il sogno di una famiglia, ma nasconde un abisso di sofferenza psicologica che troppo spesso viene ignorato. Dietro le statistiche di successo, si cela un percorso segnato da ansia, depressione e un lutto silenzioso per gli embrioni sacrificati, che ferisce l’anima delle coppie coinvolte.
PMA e sintomi depressivi delle coppie coinvolte
Studi scientifici confermano l’impatto devastante: le donne che intraprendono percorsi di PMA riportano livelli significativi di ansia e depressione, con un peggioramento della qualità di vita e della soddisfazione relazionale. Durante il trattamento, l’attesa genera paure incontrollabili, mentre i fallimenti – come cicli negativi o perdite embrionali – innescano un lutto profondo, simile a un aborto spontaneo, con sentimenti di colpa, isolamento e rabbia. Una ricerca su oltre 600 pazienti ha rilevato che il 56,5% delle donne e il 32,1% degli uomini manifesta sintomi depressivi, aggravati dallo stress finanziario e relazionale. Negli uomini, l’infertilità maschile amplifica l’ansia, con rischi di depressione legati alla pressione sociale. Dopo un IVF fallito, quasi il 95% delle donne e il 64% degli uomini cade in depressione, un vuoto che non si colma con un “figlio in braccio” ottenuto a caro prezzo.
Ignorare questi effetti significa tradire le coppie, esposte a un’industria che privilegia il profitto sulla salute integrale. Invece di manipolare la vita, urge un sostegno autentico alla genitorialità naturale, con percorsi di accompagnamento psicologico e spirituale. Solo riconoscendo la sacralità di ogni concepito si può guarire il cuore spezzato dalla PMA.
La Redazione del Comitato “Pro-life insieme“