PMA, genetica pre impianto e selezione embrionaria=eugenetica

Egregio Direttore,
Scrivo in merito all’articolo di DottNet: “Genetica preimpianto e selezione embrionaria: la rivoluzione silenziosa che cambia la procreazione medicalmente assistita.” 05.12.2025

https://www.dottnet.it/articolo/32540919/genetica-preimpianto-e-selezione-embrionaria-la-rivoluzione-silenziosa-che-cambia-la-procreazione-medicalmente-assistita

L’ “industria” della PMA è in grande e crescente fermento grazie all’introduzione di nuove tecnologie, compresa l’AI, che ne migliorino gli esiti e i profitti. Così le Società scientifiche della S.I.d.R. e SIPO nel loro recente Congresso nazionale hanno prospettato un “miglioramento dei tassi di gravidanza e la sicurezza riproduttiva specialmente per donne oltre i 35 anni” mediante l’applicazione di tecniche di genetica preimpianto e di selezione embrionale sempre più sofisticate. Tali tecniche infatti permettono di selezionare gli embrioni prodotti in vitro privi di anomalie cromosomiche (PGT-A) e con maggiore potenziale riproduttivo, evitando così il trasferimento in utero di “embrioni inutili”.

Proprio come si fa in un processo produttivo industriale, nel quale vengono scartati i pezzi difettosi e quindi non idonei al proseguimento della lavorazione dell’oggetto in produzione.

Ma cosa succede invece, agli embrioni “utili”, cioè quelli che dopo diagnosi genetica preimpianto (PGT) vengono giudicati idonei al trasferimento nell’utero materno?

Stando ai dati raccolti nell’ultima Relazione del Ministero della Salute al Parlamento per l’anno 2022, si rileva quanto segue.

Sono stati programmati n. 7.561 cicli, di cui il 96% con biopsia su embrioni a fresco e il 4% su embrioni scongelati; ma il numero effettivo di cicli nei quali è stato eseguito il test genetico è stato n. 6.143. Pertanto gli embrioni prodotti nei restanti 1.418 cicli non sono stati bioptizzati (forse crioconservati?). Nella tabella 24 a pag. 105 della Relazione ministeriale si rileva il prosieguo della sorte degli embrioni “utili”, cioè giudicati idonei alla produzione dopo selezione.

Sono stati effettuati n. 4.264 trasferimenti in utero (solo il 69,41% dei cicli precedenti), di cui circa il 98% con un solo embrione (tabella 25), pari ad un totale di 4.325 embrioni trasferiti (4.217 con biopsia su embrione a fresco, 108 su embrione scongelato).

Questi trasferimenti hanno dato esito a gravidanza per un totale di n. 2.076 casi, e ad un numero di parti monitorati pari a n. 1.698.

La percentuale dei parti monitorati per trasferimenti è stata del 40% per gli embrioni testati a fresco e del 32,7% di quelli scongelati.

Il numero dei nati vivi è stato di 1.713, e dei nati morti n. 11, per un totale di bambini nati = 1.724.

Considerando la perdita al follow-up delle gravidanze pari al 2,7%, possiamo stimare la percentuale degli embrioni prodotti, selezionati e trasferiti in utero che giungono a nascere pari al 41% (1.724/4.208).

Significa che ben il 59%, in numero assoluto 2.546 embrioni di questi giudicati “utili”, vengono sacrificati!

Nella stessa tabella 24 sono anche riportati gli esiti negativi delle gravidanze monitorate, pari al 15,9%.
Alla luce di questi dati, si comprende bene dunque il grande impegno biotecnologico – e altrettanto grande interesse economico – che anima i fautori di questa forma di riproduzione umana. Si ricercano i sistemi tecnologici più evoluti per sopperire all’inefficacia della fecondazione extracorporea – come visto prima: solo il 32-40% di parti su tutti i trasferimenti in utero! – nell’illusione di dare risposta adeguata all’infertilità, non solo in termini quantitativi, ma anche qualitativi.

Necessita cioè, che la “fabbrica” dei bambini prodotti in provetta dia garanzia anche di figli perfetti, cioè esenti da patologie congenite.

Ma gli stessi biotecnologi della provetta sanno bene che non è possibile dare questa garanzia assoluta sul loro “prodotto”, sia perché esiste il “mosaicismo embrionale”, ossia la presenza di cellule sane e di cellule con alterazioni genetiche nello stesso embrione -fattore critico riconosciuto dagli stessi esperti di PMA – per cui ci possono essere diagnosi preimpianto non corrette, soprattutto falsi negativi.

Ma anche perché esiste un altro importante principio biologico che sta diventando sempre più interessante nella ricerca per la sua influenza sullo sviluppo embrionale e fetale, quello dell’Epigenetica. Possono esserci infatti, fattori che controllano la funzione genetica inscritta nei cromosomi che condizionano l’espressione degli stessi caratteri genetici.

Ma la considerazione conclusiva che non possiamo non fare, è che tutto questo sforzo ed impegno di ingenti risorse economiche (magari a carico della comunità attraverso il SSN, come vorrebbero ammettere i nostri politici), è sempre al prezzo altissimo di un numero enorme di vite umane concepite in vitro, trattate come meri prodotti commerciali che, se non superano i test di validità, vengono inesorabilmente scartati!

A fronte di queste logiche essenzialmente utilitaristiche ed efficientistiche, in nome di una chiara intenzione eugenetica, come si fa a dire di voler ascoltare ed accompagnare le coppie per corrispondere alla loro sofferta domanda di fecondità, da parte degli stessi “imprenditori” della PMA?

E’ invece apprezzabile l’avvertimento emerso nell’ambito dello stesso congresso: “Nonostante il potenziale di queste tecnologie, non bisogna alimentare aspettative irrealistiche da parte delle coppie, ma piuttosto fornire informazioni chiare sulle reali possibilità di successo.”

Ma sugli embrioni sacrificati?  Silenzio assoluto!

Dr. Alberto Virgolino – Presidente AIGOC
Comitato Pro-life insieme
www.prolifeinsieme.it