Spettabile redazione di The Post Internazionale, chiedo di poter replicare al vostro articolo https://www.tpi.it/politica/aborto-gilda-sportiello-intervista-202503211171899/#, perché, a differenza di quanto proposto nel titolo della vostra intervista all’onorevole Gilda Sportiello, “Sull’aborto bisogna parlare chiaro”, mi sembra che di chiaro ci sia stato ben poco.
Dell’aborto è stata data una narrazione molto parziale, non corrispondente alla completa realtà: sicuramente ci sono tante donne, quale l’onorevole Sportiello, che non vivono il proprio aborto come un’esperienza dolorosa, che ne possono parlare con leggerezza e senza vergogna perché non c’è nessun irrisolto nel loro cuore e nella loro coscienza, non voglio qui giudicare questo tipo di atteggiamento; al contempo però mi chiedo perché l’onorevole Sportiello non debba dare voce anche a quelle donne per le quali l’aborto è stato una vera e propria tragedia, che ne sono uscite psicologicamente e umanamente distrutte, e non per lo stigma sociale e la tacciata ferocia dei cosiddetti antiabortisti, ma perché la natura ci ha fatte per accogliere e donare la vita, e sopprimerla nel grembo è quanto di più contro natura ci possa essere.
Quale animale si strapperebbe mai dal ventre i propri cuccioli?
Che poi l’essere umano sia in aggiunta dotato di coscienza, e che la coscienza gridi anch’essa, oltre alla nostra componente animale, contro la profonda ingiustizia del sopprimere la vita innocente, mi pare un’ovvietà che nel vostro articolo viene colpevolmente taciuta.
E non parlo da moralista, ma da donna che ha abortito all’età di 20 anni, e che ne ha portato soprattutto nella psiche ferite atroci. Nel mio caso, com’è per tante donne completamente ignorate dall’onorevole, l’aborto è stata una ‘scelta’ a cui sono stata forzata con un’estrema violenza psicologica: ripugnavo quell’atto, pur non essendo né particolarmente credente né tantomeno praticante, perché la mia anima mi diceva che non era lecito appropriarmi della vita di un altro, porre fine per comodità e tornaconto al cammino di un’altra persona.
Infatti, anche se voi e l’onorevole non riconoscete lo statuto di persona all’embrione, è indubbio che da quello stadio siamo tutti passati, e che non ci saremmo se a quello stadio ci fossimo fermati. La ragione non può negare l’ovvio, che poi la coscienza non bruci quella è una questione personale, che dipende da tanti fattori, ma è profondamente ingiusto e assurdo che sia negato alla miriade di donne che soffrono per il loro aborto un minimo rispetto, la delicatezza e la comprensione che sarebbe loro dovuta, proprio da chi dall’aborto ci è passato.
Sbandierare l’aborto come un diritto, usarlo platealmente nella battaglia politica, è quanto di più feroce, questo sì, ci possa essere, nei confronti di quante sono nel dolore, o perché forzate ad abortire da pressioni di terzi o condizioni al contorno, o perché pentite…perché sì, è possibile anche questa evenienza, è possibile anche che la coscienza si risvegli a distanza di tempo e che quanto fatto con sicumera in giovane età possa rimordere nel cammino della vita…quel cammino su cui tutte noi donne che abbiamo abortito andiamo avanti, mentre i nostri figli sono stati lasciati indietro…
Proprio per dare voce a queste donne e rivendicare la dignità di quelle vite interrotte è nata la Rete Ti racconto l’aborto (https://www.tiraccontolaborto.org/), di cui faccio parte, perché anche chi non ha il coraggio di parlare a voce alta come l’onorevole Sportiello del proprio aborto, in quanto ne patisce ancora tutto il dolore e la vergogna, possa sentirsi rappresentato da donne – ma anche uomini – che, dopo la presa di coscienza e la sofferenza, sono riusciti a riconciliarsi con la propria esperienza di aborto, e ora vogliono testimoniare quanto faccia male, quanto sia profondamente sbagliato negare e minimizzare questo dolore, e quanto invece sia necessario tenere unite le due narrazioni, per non cadere nell’inganno opposto al “potevi pensarci prima”, quel “che vuoi che sia, era un grumo di cellule” che tante di noi si sono sentite dire; non avremmo immaginato di arrivare a sentire addirittura che potesse essere il giorno più bello della vita, ma rispettiamo chi lo pensa.
Pretendiamo però a nostra volta rispetto, noi che quel giorno e per innumerevoli giorni da allora avremmo voluto morire a nostra volta, e di cui nessuno si è preso cura se non i ‘cattivi’ antiabortisti: siamo grate a chi con amore e compassione si è chinato sulle nostre ferite per curarle, senza mai giudicare ma sempre accogliendo e rispettando.
Se un giorno l’onorevole Sportiello dovesse cambiare idea troverà nonostante tutto la stessa delicata e rispettosa accoglienza in tutto il mondo pro-life.
Daria Ballerini
Comitato ProLife Insieme
www.prolifeinsieme.it