Legge 194, 22/5/1978: storie di dolore per moltissime donne

In occasione della ricorrenza dell’approvazione della Legge 194/78, che ha legalizzato l’aborto in Italia, proponiamo due testimonianze di amiche del Comitato “ Pro-life insieme “ che, usufruendo della possibilità di abortire, hanno rinunciato al proprio bimbo.

Barbara Cinti
La vera libertà !
Ultimamente si sente sempre più parlare di “il diritto sul mio corpo”,”il diritto di abortire”, frasi che a pronunciarle hanno un gran effetto: chi non combatterebbe per i propri diritti ?
Io sono stata una di quelle da giovane, anche io manifestavo orgogliosamente per il mio sacrosanto diritto, al punto che a 21 anni lo impugnai e abortii, fiera di aver potuto decidere io del mio corpo .
Ma con il passare degli anni e, soprattutto,  diventando madre,a parte i sensi di rimorso e colpa che convivevano con me ,diventando i compagni di cammino, mi resi conto che  non avevo esercitato affatto la “libertà di scelta” ,perché avevo seguito l’unica verità che conoscevo … di essere libera di abortire.
Perché dico ciò?  Perché ora sono più convinta che mai che la libertà si ha quando vi sono più opzioni di scelta. Magari mi avessero  fatto sentire il battito di mio figlio,magari mi avessero fatto vedere  l’ecografia e magari mi avessero fatto acquisire la consapevolezza di ciò che stavo per fare!
Quella sì che sarebbe stata una scelta libera  e non una schiavitù, legata ad un unica, se si può chiamare così, verità.
Il dolore ti cambia.
Ora più che mai sono a favore dei prolife che danno la possibilità alla donna di avere due opzioni di scelta, rendendola così veramente libera di scegliere.

Daria Ballerini

Dell’aborto è stata data una narrazione molto parziale, non corrispondente alla completa realtà: sicuramente ci sono tante donne che non vivono il proprio aborto come un’esperienza dolorosa, che ne possono parlare con leggerezza e senza vergogna perché non c’è nessun irrisolto nel loro cuore e nella loro coscienza. Al contempo però mi chiedo perché non si debba dare voce anche a quelle donne per le quali l’aborto è stato una vera e propria tragedia, che ne sono uscite psicologicamente e umanamente distrutte, e non per lo stigma sociale e la tacciata ferocia dei cosiddetti antiabortisti, ma perché la natura ci ha fatte per accogliere e donare la vita, e sopprimerla nel grembo è quanto di più contro natura ci possa essere.
Che l’essere umano sia in aggiunta dotato di coscienza, e che la coscienza gridi contro la profonda ingiustizia del sopprimere la vita innocente, mi pare un’ovvietà.
E non parlo da moralista, ma da donna che ha abortito all’età di 20 anni, e che ne ha portato soprattutto nella psiche ferite atroci. Nel mio caso, l’aborto è stata una ‘scelta’ a cui sono stata forzata con un’estrema violenza psicologica: ripugnavo quell’atto, pur non essendo né particolarmente credente né tantomeno praticante, perché la mia anima mi diceva che non era lecito appropriarmi della vita di un altro, porre fine per comodità e tornaconto al cammino di un’altra persona.
Sbandierare l’aborto come un diritto, usarlo platealmente nella battaglia politica, è quanto di più feroce, questo sì, ci possa essere, nei confronti di quante sono nel dolore, o perché forzate ad abortire da pressioni di terzi o condizioni al contorno, o perché pentite…perché sì, è possibile anche questa evenienza, è possibile anche che la coscienza si risvegli a distanza di tempo e che quanto fatto con sicumera in giovane età possa rimordere nel cammino della vita…quel cammino su cui tutte noi donne che abbiamo abortito andiamo avanti, mentre i nostri figli sono stati lasciati indietro…
Pretendiamo rispetto, noi che quel giorno e per innumerevoli giorni da allora avremmo voluto morire a nostra volta, e di cui nessuno si è preso cura se non i ‘cattivi’ antiabortisti: siamo grate a chi con amore e compassione si è chinato sulle nostre ferite per curarle, senza mai giudicare ma sempre accogliendo e rispettando.

Comitato “ Pro-life insieme “

http://www.prolifeinsieme.it