L’ aborto è il grido silenzioso di chi non ha voce ( video)

È una mattina come tante, al Triage di un ospedale come tanti, dove le donne intenzionate ad abortire vanno a richiedere il certificato per interrompere la gravidanza.

Una donna, forse straniera, lo si evince dalla poca padronanza dell’italiano, si avvicina al personale di turno per avere un’informazione e lo fa con queste parole:
“È qui che si tolgono i bambini?”
Una domanda talmente diretta da poter lasciare inorridito persino il re Erode.
Ometterò per privacy il nome della città italiana in cui il fatto è avvenuto ma assicuro che tutto ciò descritto corrisponde a verità.
Probabilmente la donna in questione non parlava bene l’italiano e si è espressa  quindi come poteva, usando però le parole giuste per descrivere la realtà. In quei vocaboli  si è reso infatti manifesto tutto il dramma che c’è dietro l’aborto ed anche la consapevolezza che chi lo chiede è perfettamente al corrente di ciò che si sta per fare:
 togliere i bambini!
Toglierli di mezzo perché magari in quel frangente di vita rappresenterebbero un ostacolo alla realizzazione personale, al forse già difficile andamento familiare o magari perché frutto di un amore proibito o sbagliato.
Quella donna, nella sua semplicità linguistica, ha palesato la realtà dissimulata sapientemente da chi porta avanti l’ideologia mortifera dell’ aborto. Da chi, in nome dell’autodeterminazione vuole fare credere che quelle sono solo cellule embrionali, un primo accenno che però non ha nulla di vitale.
L’embrione è una vita, un insieme di cellule vitali che ha solo bisogno di tempo per crescere ma il suo DNA, unico e irripetibile, ne contrassegna già il patrimonio genetico fornendo le caratteristiche atte a delinearne i segni distintivi.
Anche noi, persone nate e cresciute siamo in realtà un insieme di cellule, specializzate e sempre in mutazione.
 Alla luce di ciò, eliminare un embrione o eliminare un uomo formato è un atto ugualmente grave, anche se l’ideologia fa di tutto affinché questa tesi venga messa a tacere.
Un grido silenzioso
“L’aborto è un grido silenzioso”, un evento tragico. È la mattanza, per usare la metafora della pesca del tonno, del bimbo mai nato che non può urlare per esprimere il suo dolore.
Un dolore realmente provato durante la procedura a cui il documentario del 1984 dà prova.
Ci sarà chi obietta dicendo che comunque ogni persona ha diritto di decidere per la propria vita, però nel caso dell’aborto le vite sono due.
E avvalorare la tesi delle due vite non è esprimere un luogo comune ma è evidenziare il fatto che durante la gravidanza non esiste solo la vita della madre ma anche quella del feto, e che le due vite sono in simbiosi.
“È qui che si tolgono i bambini?”
  diventa quindi la frase simbolo di un genocidio a cui si vuole dare giustificazione facendolo passare per libertà.
È quello sterminio legalizzato che ha già eliminato una generazione cancellando le tracce.
È quel massacro che miete più vittime:
il bambino, sua madre, suo padre ed anche chi ne diventa complice.
È un’azione indegna, una ferita che non cicatrizza e che si fa sentire, per usare le parole di Sant’ Agostino ” non con la voce del corpo, la cui sonorità risulta dalla vibrazione dell’aria, ma con la voce del cuore che è silenziosa per gli uomini, ma innanzi a Dio risuona come un grido”.
Angela D’ Alessandro
Prolife insieme