IVG farmacologica:dalla consapevolezza alla speranza.Prof. Gandolfini

IVG FARMACOLOGICA: dalla CONSAPEVOLEZZA alla SPERANZA.

Esiste un’ampia e dettagliata letteratura scientifica internazionale che permette di dichiarare con certezza che le diverse pillole cosiddette “del giorno dopo” (Levonorgestrel, Ulipristal acetato) sono in tutto o in parte dei prodotti abortivi, anche se vengono presentate e raccomandate come “contraccettivi d’emergenza”. I sostenitori di questa tesi – allo scopo di renderle più accettabili anche da parte di chi avesse ancora qualche scrupolo di carattere etico – sostengono che proprio grazie a queste pillole, il numero di aborti volontari è diminuito. Lo slogan proposto è: “La contraccezione d’emergenza è un mezzo efficace per prevenire l’aborto”.

Dobbiamo, dunque, chiederci: “Le cose stanno veramente così?” La risposta deve essere chiara: purtroppo non è così! Il numero di aborti provocati è in calo, negli ultimi anni, per una serie di fattori, che possiamo riassumere ed elencare:

Le rilevazioni statistiche ci dicono che il numero delle donne che desiderano una gravidanza è in forte calo;
L’età in cui si decide per la prima gravidanza è in rialzo: oggi, mediamente, siamo intorno ai 32-34 anni. Ciò significa ovociti meno vitali perché più “vecchi” e, quindi, minore fertilità della donna (il massimo di fertilità si registra fra i 20 e i 25 anni);
E’ in significativo aumento l’infertilità o “sterilità di coppia” fra le giovani coppie;
Diffusione sempre maggiore dell’aborto chimico (RU 486), che non è contemplato nelle statistiche (oggi, l’83% degli aborti avviene per via chimica; nel 2024 sono state vendute 670.000 confezioni di pillole per la “contraccezione d’emergenza”).

Sul piano sociale, culturale, antropologico la mentalità abortiva è strettamente legata alla mentalità contraccettiva: laddove la contraccezione fallisce, si ricorre all’aborto. In questo senso, l’aborto è considerato come un “normale” prolungamento della contraccezione. Contraccezione e aborto sono le due facce di un’unica medaglia: NO alla VITA. Nell’aborto, è la scelta di rifiutare una vita già esistente; nella contraccezione è la scelta di rifiutare di avere un figlio. In entrambe, il figlio è un inconveniente, un incidente, un inciampo, un contrattempo imprevisto e non voluto, quindi da eliminare/evitare a tutti i costi. Questa è la MENTALITA’ ANTIPROCREATIVA. A questo proposito, è interessante una statistica che ci proviene dagli USA: il 57,5% delle donne che hanno fatto ricorso all’aborto, stava usando un metodo contraccettivo nel mese in cui si è verificato il concepimento. Così anche in Danimarca: 52%

Eventi di questo genere sono più frequentemente legati alle cosiddette “fughe ovulatorie”: si è calcolato che esiste un 1% di concepimenti in donne che assumono regolarmente un contraccettivo.

Ora, proviamo ad andare al cuore del tema che vogliamo trattare: se contraccezione e aborto sono solo un problema tecnico finalizzato ad evitare un concepimento e la nascita di un figlio, allora tutte le nostre statistiche, tutti i nostri numeri – reali e verificabili – tutti i nostri argomenti in difesa della vita … tutto è superfluo, ininfluente, inutile! Fa certamente molto male ammettere e constatare che – purtroppo – le cose stanno proprio così! Dunque, arrenderci? Battere in ritirata? Giammai. Anzi coraggio e speranza per affrontare la radice del problema: aborto e contraccezione sono in primis, soprattutto, una QUESTIONE ANTROPOLOGICA, di visione e senso dell’umano, che incidono sul modo di pensare la genitorialità, la maternità, la paternità, la prole. In senso onnicomprensivo, sul modo di pensare la SESSUALITA’.

La deriva culturale corrente – con tratti fortemente materialistici e del tutto immanente – fa coincidere la sessualità con il sesso e dunque con l’esercizio dell’attività genitale, appartenente al mondo animale degli istinti primari. Come la fame, la sete, il sonno … quando se ne sente il bisogno, vanno soddisfatti. Punto e basta! Non a caso oggi imperversa l’allocuzione “fare sesso” (è quasi scomparsa la frase “fare l’amore”), perché il sesso è un istinto come altri e, dunque, come gli altri va soddisfatto, secondo le modalità che ognuno è libero di scegliere a piacimento. E’certamente vero che il sesso (cromosomico, ormonale, gonadico, cerebrale) è un dato originario e oggettivo, nativo della persona, essere umano sessuato, uomo o donna, ma è altrettanto vero che la sessualità, nell’essere umano, non si riduce all’esercizio genitale, ma è una qualità costitutiva della persona che rende capaci di vivere una RELAZIONE TOTALE (corporea, affettiva, comunicativa) con un’altra persona. La sessualità è relazione è relazione totale, completa, totalmente appagante perché ordinata alla unione più esaustiva possibile, che necessariamente implica la procreazione. Così compresa e vissuta, la sessualità – qualità pulsionale costitutiva dell’essere umano – è caratterizzata da una struttura con dinamiche e finalità assolutamente speciali, che spingono ad assumere impegni totalizzanti: le fedeltà, la cura dell’altro/a, la condivisione del compito della vita per la vita.

Con la contraccezione e l’aborto la sessualità viene disintegrata, destrutturata, decostruita: l’atto unitivo si riduce alla soddisfazione – egoistica e narcisistica – del piacere individuale, come conseguenza, scelta e voluta, dell’esclusione dell’altra metà della sua essenza: il figlio. A questo punto, ogni forma di “fare sesso” è lecita, normale, equivalente, purchè efficace a soddisfare la libido individuale.  Il corpo dell’altro non è più il luogo della forma di comunione più intensa, completa, profonda che si possa desiderare, e diviene al contrario un oggetto, un bene di consumo, una merce finalizzata al proprio piacere.

La sessualità, correttamente intesa e vissuta, è la più efficace antagonista dell’ego narcisistico.

Le conseguenze di questa distorsione della sessualità sono, quotidianamente, sotto i nostri occhi: il “coniuge” (colui, colei con il/la quale ci si congiunge) passa dall’essere “l’altea metà del mio mondo”, all’essere uno strumento di piacere, una merce di consumo, che non chiede nessun impegno duraturo, fedele, rispettoso. Si passa dalla logica dell’amore, del “passare all’altro” per il “bene dell’altro” che alimenta e significa anche il “mio bene”, alla logica dell’appropriazione, fino alla strumetalizzazione. La più grande vittima di questa mentalità – di questa distorsione dell’umano che faccio molta fatica a definire “cultura” – è certamente la donna, oggetto di una nuova egemonia maschilista.

La sessualità è, quindi, una qualità che permea l’intera persona umana: educare alla sessualità non può )e non deve) ridursi ad una informazione scolastica sulla fisiologia dell’apparato riproduttore o a indicazioni sanitaria per evitare malattie sessualmente trasmesse, ma deve condurre a scoprire il ricco e complesso mondo della relazione, nella pienezza dei suoi aspetti e linguaggi, in modo proporzionato e rispettoso della maturità cognitiva ed emotiva propria dell’età. Non timore, non tabù, non paura, ma una visione integrale e gioiosa della sessualità con gli aspetti che le sono propri: la dimensione relazionale, la dimensione procreativa, la dimensione del piacere fisico e spirituale.

Vorrei concludere con un appello: non dimentichiamo mai che la libertà non consiste nella capacità di scegliere e fare il male, ma nella capacità di scegliere e costruire il bene, di ciascuno di noi e di tutti coloro che a noi si affidano.

Prof. Massimo Gandolfini

Neurochirurgo e Psichiatra

Presidente nazionale Ass. Family Day

per Comitato “ Pro-life insieme “

http://www.prolifeinsieme.it