Il “diritto” di abortire, replica della bioeticista dott. Giulia Bovassi

Gentile Direttore,
desidero rispondere all’intervento al del Consigliere Zeno Oberkofler circa il tema della legge 194/1978, ovvero su maternità e IVG.Alto_Adige-05.04.2025-08
In Italia la Legge 194/78 ha depenalizzato l’aborto non istituendo un “diritto ad abortire”, bensì amministrando l’aborto come evento “eccezionale”. Era prevedibile l’allargamento delle maglie dall’eccezionalità alla normalizzazione, che ad oggi subisce l’ulteriore trauma di vedere banalizzata la sua drammaticità nel sentire comune e politico. Parlare di diritto all’aborto è un paradosso nazionale e internazionale: da un lato si intende “difendere” la donna dalla gravidanza indesiderata; dall’altro la comunità internazionale invita a tutelare, sul piano giuridico, il concepito, da forme di sperimentazione, clonazione, distruzione ritenute moralmente inaccettabili. Un paradosso che rende evidente la volontà di ignorare ciò che la scienza più attuale ci dice sulla natura biologicamente, geneticamente umana del concepito, il quale, dalla fecondazione, cresce in modo coordinato, autonomo, continuo. Significa adottare un compromesso giuridico in cui si afferma il dovere di proteggere l’embrione fin dai primi istanti di vita intrauterina nei casi citati, mentre dall’altro si decide a tavolino di non riconoscere che quell’essere umano ha dei diritti, come tutti gli altri quando ciò si discosta dalla volontà della madre. Questo significa che l’aborto avviene attraverso il corpo femminile, ma sul corpo (sulla vita) di un’altra persona. Lo stesso bambino non diventa “essere umano” con un colpo di bacchetta dopo il parto: lo era già prima ed è la scienza a dircelo, non i pro-life e nemmeno i cattolici (Ippocrate non era cattolico!).
Quindi, la domanda, è: può esistere un “diritto” a sopprimere deliberatamente un essere umano innocente, scientificamente riconosciuto come tale e questa può essere intesa come una forma di libertà? Come si evince, il diritto non è indifferente né indipendente dall’etica. Qualunque giurista sa che le leggi vigenti di un determinato ordinamento sono chiamate a perseguire diritti e beni fondamentali che non fondano, ma riconoscono. Ogni ordinamento giuridico, quindi, ha il suo fondamento sulla visione morale e antropologica dell’uomo, della società, del diritto stesso nella sua natura. Il diritto non è chiamato a decidere sulla dignità dell’essere umano, che non può conferire né togliere, a prescindere dallo stadio di sviluppo in cui versa o dalle condizioni psico-fisiche (in tal senso riprendo l’esperimento del giurista Mario Palmaro che invitava a sostituire, nella 194, i termini relativi al concepito con quello di “suocera”). Questa è la base originaria e fondativa dei diritti dell’uomo. Amare la donna significa, anche, avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e dirle la verità.
Cordialmente,
Dott. Giulia Bovassi, Bioeticista
Per Comitato “ Pro-life insieme “

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