Il celibato sacerdotale come segno di dedizione totale a Dio

Egregio Direttore,
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QUANDO UN PRESBITERO decide di lasciare il proprio ministero sacerdotale perché si è innamorato e questo sentimento non è contemplato nella scelta fatta, ecco che si comincia a mettere in dubbio l’importanza del celibato sacerdotale.
Per la Chiesa cattolica di rito latino il celibato è fondamentale anche se non rappresenta un dogma di fede.
È tuttavia un segno di dedizione totale a Dio e al servizio della gente.
L’obbligo risale al Concilio Lateranense II del 1139 e viene inteso come “l’imitazione di Gesù” nonché per mantenere il prete libero da vincoli familiari i quali non gli permetterebbero di dedicarsi interamente al ministero.
Restare celibi inoltre è simbolo della propria dedizione totale al “Regno dei cieli” e questa libertà permette al sacerdote di dedicarsi completamente al ministero e ai bisogni della comunità proprio come un padre, senza le inevitabili “distrazioni” che hanno i padri di famiglia.
Anche se il celibato ecclesiastico non è un dogma e questa scelta fatta dalla Chiesa potrebbe essere riformata, credo però ci siano ragioni più che valide per ritenere e mantenere il celibato requisito del sacerdozio.
Quando un uomo decide di consacrarsi totalmente a Dio prendendo i voti, diventa “alter Christus” modellandosi sul celibato di Gesù il quale non ha mai preso moglie.
Molti sono i discorsi di Gesù, riportati nei Vangeli, che fanno pensare che la scelta del celibato sia per un sacerdote condizione indispensabile per seguirlo:” Chi non odia suo padre, sua madre…non può essere mio discepolo” ( LC 14, 26).

LA SCELTA AL CELIBATO è una scelta libera che va intesa come totale servizio a Dio.
Anche il Direttorio della Congregazione per il Clero (1994) lo sostiene quando afferma che “l’esempio è il Signore stesso il quale, andando contro quella che si può considerare la cultura dominante del suo tempo, ha scelto liberamente di vivere celibe. Alla Sua sequela i discepoli hanno lasciato tutto per compiere la missione a loro affidata. Per tale motivo, fin dai tempi apostolici, la Chiesa ha voluto conservare il dono della continenza perpetua dei Chierici e si è orientata a scegliere i candidati all’Ordine sacro tra i celibi”.
Questa scelta diviene dunque esclusiva come quella della scelta del compagno/a della propria vita ed il piacere a Dio del sacerdote è analogo a quello della relazione tra marito e moglie.
E lo stesso discorso vale per le suore le quali, per dedicarsi totalmente a Dio, hanno scelto la verginità.
“L’Eucaristia è il momento culmine nel quale Cristo, nel Suo corpo e nel Suo sangue versato per gli uomini, svela chi Egli è realmente ed indica anche il senso del ministero sacerdotale.” (Cardinale Castrillon Hoyos).
Quindi un presbitero che amministra tale dono perfetto, attraverso il celibato, può egli stesso divenire dono totale.

L’OBIEZIONE DI QUALCUNO potrebbe essere quella che anche alcuni apostoli erano sposati.
A questo proposito rispondono i testi dei Padri della Chiesa i quali dicono ( C. Cochini, Origines Apostoliques di celibat sacerdotale, Lethielleux 1981) che “gli apostoli erano sposati prima di seguire Gesù. Hanno poi interrotto la vita coniugale col consenso della moglie, ed hanno praticato il celibato.
Se la moglie è rimasta con loro lo ha fatto vivendo come sorella e non più come sposa.
Gli apostoli, invitati a lasciare tutto, poterono quindi diventare “pescatori di uomini”.

IL CELIBATO permette al sacerdote di vivere libero, senza legami che potrebbero influenzare in qualche modo il proprio ministero.
Questo non significa naturalmente disprezzo verso le relazioni.
Quella di amare radicalmente Gesù e tutti coloro i quali gli vengono affidati è una decisone radicale molto importante.
Bisogna altresì chiarire che anche la chiesa d’oriente non ammette che i preti, una volta ordinati, si sposino. Permette solo che uomini già sposati vengano ordinati sacerdoti.

È DIFFUSA LA CREDENZA che abolendo il celibato aumenterebbero le vocazioni.
Il matrimonio però, laddove è permesso, pope ortodossi, pastori protestanti ed anglicani, rabbini ebraici, non ha impedito la crisi del sacerdozio.
E comunque la crisi sacerdotale non può giustificare la perdita del valore delle ragioni teologiche del sacerdozio.
È anche sbagliato pensare che il celibato alimenti la pedofilia nel clero rappresentata ad ora da numeri superiori a quelli che in realtà sono, anche se ne basterebbe uno solo perché lo scandalo di tale peccato gridi vendetta al cielo.
La smentita di questi dati falsati si trova nelle ricerche di Philip Jenkins il quale sostiene che:
“Le condanne per pedofilia accertata, nei riguardi di uomini in gran parte sposati come pastori protestanti, maestri di scuola e di asilo, sono percentualmente analoghe o in numero maggiore rispetto a quelle dei sacerdoti cattolici e, in generale, il 90% dei pedofili è composto da sposati.”

CONCLUDO affermando che le anime dei consacrati sono gioielli che impreziosiscono la chiesa e che fanno da ponte tra noi e il cielo.
Per questo è importante che si mantengano casti come per le coppie che restino fedeli l’una all’altro.

Angela D’Alessandro

Prolife insieme
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