Giovanni Paolo II fu il primo pontefice ad intuire l’importanza di coinvolgere sempre più giovani nella pastorale cattolica.
Ricordo la sua chiamata, nei primi anni ’80 in cui, durante la quaresima, invitava i giovani del mondo a radunarsi insieme in san Pietro per pregare.
Facevo anch’io parte di quella fetta di gioventù che, radunate in uno zaino poche cose, è partita rispondendo con entusiasmo alla chiamata del Santo Padre.
Ricordo la fatica, la poca organizzazione, il caos ma, nonostante fosse stato tutto svolto con pianificazione pressoché nulla, ho ancora vivo nella memoria la gioia di quel viaggio.
Rammento un giovane Wojtyla energico e fiducioso in noi ragazzi ai quali si rivolse infondendoci parole di ringraziamento e di speranza, ricordandoci che noi eravamo il futuro e avevamo una grande responsabilità.
Il 23 marzo del 1986 si svolse a Roma il primo incontro ufficiale tra il papa Giovanni Paolo II e i giovani inteso come GIORNATA MONDIALE DELLA GIOVENTÙ ( GMG).
Questo episodio segnò l’inizio di un appuntamento annuale che si sarebbe trasformato poi nelle edizioni internazionali della GMG e dei PAPA BOYS.
Lo stesso Papa, il 29 novembre 1998, indisse con la bolla “Incarnationis Mysterium”, il grande Giubileo del 2000.
Ogni anno migliaia di ragazzi, provenienti da tutti i continenti rispondono all’appuntamento. I papa Boys partono con entusiasmo per questa avventura affrontando spesso lunghi viaggi, fatica ed anche costi che per ad alcuni equivalgono a molto sacrificio.
È stato così anche quest’ anno. Piazza san Pietro si è riempita di gioventù, di allegria, di speranza ed è stato proprio un bel vedere quello di tanti ragazzi raccolti in preghiera davanti al Santissimo.
Un momento di intensa spiritualità che ha fatto ben sperare che non tutto è andato perduto. Che c’è ancora voglia di Sacro, di Spirituale, di Gesù e della sua chiesa.
Ascoltando le preghiere innalzate da una ragazza, un passaggio mi ha colpita:” ….come possiamo avere la forza di scelte radicali…”
La mia generazione è quella che ha dato la vita a questi ragazzi.
Io sono una figlia della generazione detta “la generazione X” che comprende i nati tra la metà degli anni 60 e la fine degli anni 70 collocandosi tra i Baby Boomers (1946 – 1964) e i Millenials (1980-1996).
Una generazione, la X ,definita come “dimenticata” perché spesso oscurata dalle generazioni precedenti e successive, da cui ha ereditato cambiamenti storici e culturali i quali ne hanno influenzato il pensiero.
La generazione X ha risentito dei cambiamenti valoriali che il movimento hippy, emerso negli Stati Uniti durante gli anni 60 e poi diffusosi in tutto il mondo, ha portato nella società.
È iniziato come un fenomeno giovanile per svilupparsi poi come una controcultura che rifiutava i valori della società, sia essi morali che consumistici, per abbracciare ideali di pace, amore e libertà: peace and love era il loro motto.
La morale veniva vissuta e interpretata in modo diverso, anticonformista, cercando stili di vita “alternativi”.
Il rifiuto delle norme sociali, la sessualità vissuta con maggiore libertà spesso in comunità e con rapporti aperti era uno dei fili conduttori.
L’uso di droghe allucinogene veniva giustificato in nome del raggiungimento di stati elevati di consapevolezza…
In sintesi il movimento hippy non rifiutava la morale in sé ma proponeva una visione più libera basata su condizioni “diverse”.
Forse però si è un po’ esagerato in questa ricerca di valori non convenzionali, ne è la prova la voglia di spiritualità che sta emergendo tra le nuove generazioni e non solo.
I luoghi delle apparizioni mariane sono meta sempre più amata di pellegrinaggi ed hanno come sostenitori un’utenza sempre più giovane.
Con il pontificato di Giovanni Paolo II si è riscoperto il valore della confessione.
Con papa Benedetto XVI si sono aperte le porte al rito antico per la celebrazione della Santa Messa il quale, inaspettatamente, ha riempito le chiese.
I figli della generazione Z, i ragazzi che hanno riempito in questi giorni Roma e p.zza San Pietro e che sono cresciuti nel cosiddetto “mondo digitale” pervaso da internet e dalla tecnologia, hanno bisogno di risposte, di punti fermi e lo hanno dimostrato con le loro preghiere, con lo stare in adorazione silenziosa davanti a Gesù Sacramentato.
Il loro grido di aiuto va ascoltato e la chiesa ha il dovere di dare a questi giovani gli strumenti affinché riescano ad avere il discernimento, che permetta loro di fare “scelte radicali” costruttive e non distruttive.
Cercando il buono che è stato dimenticato, riscoprendo il bello mistificato da un pensiero unico che ci vuole tutti uguali. Plasmati allo stesso modo, incapaci di giudizi lucidi.
Ritornando agli insegnamenti della morale cattolica i quali sono derivati dalla conoscenza delle sacre scritture, dalla rivelazione di Gesù.
Dettami che non “castrano” ma liberano l’uomo dalla schiavitù del denaro, del sesso, del potere.
Aiutando questi giovani a capire l’importanza della vita che supera ogni compromesso. La vita, con la sua complessità e imprevedibilità, spesso va oltre le nostre aspettative e le soluzioni di compromesso che cerchiamo di trovare. Può riservarci sorprese inaspettate.
Bisogna dare a questi ragazzi punti fermi per rafforzare in loro la sicurezza. Costruire dunque sulle ceneri dei nostri errori per ritrovare un mondo più sano. Prendendo in considerazione i nostri fallimenti e da lì ripartire per dare senso alla vita.
La Chiesa può farlo con i mezzi e gli strumenti che da secoli sono a sua disposizione e che sono l’opera dello spirito Santo, il quale fa “nuove tutte le cose”.
Angela D’Alessandro
Comitato Prolife insieme