Fede e orgoglio: il Giubileo LGBTQ+ arriva a San Pietro – RSI https://share.google/oYDZ5ODEezlDYIXLe
Hanno fatto molto rumore le parole pronunciate dal santo Padre Francesco sull’aereo al ritorno da una visita apostolica:
“Se una persona è gay e ha buona volontà, chi sono io per giudicarla?”.
Il pontefice ha poi condannato pubblicamente la criminalizzazione dell’omosessualità.
Enunciati presi così come risuonavano in quel momento, senza dare ad essi la corretta valenza che a quelle parole andava ,data e infine strumentalizzate a dovere e comodo.
Esiste, si sa, una dottrina tradizionale della chiesa sulle relazioni omosessuali ma ormai pare che nelle Facoltà di teologia non vada più di moda insegnarla.
Ci si orienta verso una rinnovata interpretazione cristiana dell’amore omosessuale.
Si vuole dare all’amore omosessuale la stessa valenza di quello eterosessuale e farlo entrare nella logica dell’insegnamento di Gesù, dandogli una moralità che corrisponda “al comandamento nuovo dell’amore di Cristo”.
Insomma un vero e proprio cambio di paradigma, espressione di una nuova chiesa in cui non c’è più la morale assoluta ma variabile a seconda del bisogno del momento.
La tradizione perde la sua veridicità per diventare qualcosa di obsoleto che va rimodernato e aggiornato a seconda del vento che tira.
La parola peccato scompare per lasciare posto alla grazia in tutti i campi.
Una pastorale di questa portata è molto pericolosa in quanto potrebbe riuscire a distruggere la concezione della morale cristiana, soprattutto nei giovani, i quali si troverebbero a vivere in una Chiesa che non si nutre più del catechismo, di quel che sostenevano i Padri e i Dottori della Chiesa e i vari pontefici con le loro encicliche.
Una chiesa senza tradizione con l’orecchio attento ai cambiamenti sociali.
Il peccato superato da un nuovo umanesimo che vede l’uomo protagonista della storia, il quale non ha bisogno della grazia di Dio ma basta a sé stesso. Esso deve essere inteso quindi come debolezza e non deve essere considerato come una mancanza contro la verità, una trasgressione verso Dio dovuta all’attaccamento idolatra e talvolta perverso verso certi beni, che feriscono la natura dell’uomo e lo portano alla perdizione eterna.
Tutto viene giustificato, razionalizzato, minimizzato, cercando di dare le motivazioni più “originali” per fare si che diventi credibile.
La chiesa è la sposa di Cristo e ne tiene viva la memoria. Essa, nel senso religioso del termine, è chiamata a seguire l’insegnamento di Gesù ed ha come obiettivo primario la salvezza delle anime.
Ci sono delle regole, dei dogmi di fede, delle restrizioni che vanno rispettati. Fanno parte della sua tradizione e devono essere seguiti.
Includono pratiche liturgiche e norme comportamentali che fanno parte della sua identità e ne mantengono viva la fede e la cultura.
Sono basate sull’insegnamento di Gesù riportate nei testi sacri: vecchio e nuovo testamento.
Su alcuni temi la chiesa ha espresso il proprio pensiero che forse può apparire rigido ma è necessario, affinché l’umanità non sia sopraffatta dal peccato e ne diventi vittima rischiando di perdere la salvezza eterna andando all’inferno.
Non si può confondere il peccatore con il peccato. Il peccato c’è, il male esiste, la possibilità di perdere l’anima è concreta ed è questo che la chiesa, attraverso la storia della salvezza, vuole che i Suoi figli sappiano.
Condannando il peccato, tutto quanto, dalle relazioni omosessuali a quelle adulterine, dalla pratica dell’aborto all’ eutanasia, dal furto, alla menzogna da tutto quello cioè che porta l’uomo alla perdizione e lo rende schiavo delle proprie passioni.
Non è cambiando le carte in tavola che si arriva ad una vittoria leale. Si sta solo manipolando la verità per farla diventare comodità o per giustificare un senso di colpa.
Ma lo sappiamo, questa non è la verità ma la sua mistificazione.
E questa verità negata porta l’umanità sull’orlo del precipizio.
Angela D’Alessandro
Comitato “Prolife insieme”
http://www.prolifeinsieme.it