Egregio Direttore,
Mi permetta di replicare, da docente di Liceo Classico, da esperta di tematiche legate alla educazione affettiva e sessuale, da donna, alle affermazioni contenute nella intervista al dott. Patronaggio.
https://www.lanuovasardegna.it/regione/2025/11/18/news/luigi-patronaggio-procuratore-generale-di-cagliari-il-ddl-valditara-e-dettato-da-paure-e-pregiudizi-1.100793235
Mi preoccupa sempre molto che un non addetto ai lavori si esprima sulla scuola e sull’educazione affettiva: non basta infatti essere dei rispettati magistrati/procuratori/giudici per capire le dinamiche educative degli adolescenti ma, soprattutto, per esprimere riflessioni sul problema legato a sessualità e maturità.
Cercherò di replicare ai punti che creano, a mio avviso, maggiore criticità nelle affermazioni del Procuratore generale di Cagliari.
1) “Il necessario consenso dei genitori, ove negato, rischia di tramandare dinamiche familiari non sempre corrette e talvolta addirittura criminogene. Si pensi a una famiglia che si regge su ancestrali valori patriarcali, o una famiglia d’immigrati che per cultura di origine discrimina le donne, o ancora una famiglia dove vige per malintesi motivi religiosi il divieto assoluto di affrontare questo tipo di questioni. La negazione del consenso in questi contesti, priva i ragazzi di una crescita culturale e affettiva che potrebbe avere, viceversa, una ricaduta positiva nei rapporti sociali fra ragazzi e ragazze di diversa estrazione sociale e nell’allontanare il rischio della commissione di quei reati originati, o comunque connessi, a malsane dinamiche intrafamiliari”.
Chi può decidere se il consenso dei genitori debba o non debba essere concesso o di tramandare alcunché? Il giudice? O spetta alla famiglia stessa che, secondo l’articolo.30 della nostra preziosa Costituzione, assegna ai genitori il diritto di educare i figli? Per quanto riguarda poi gli “ ancestrali valori patriarcali “ sarebbe il caso di essere meglio informati: tali principi esistono solo in alcune culture di importazione mentre nella società occidentale si sono estinti da almeno due secoli.
2) ”L’educazione all’affettività, intesa come rifiuto della prevaricazione di genere e negazione di una sessualità basata sulla violenza e sulla pornografia, non ha colore politico e costituisce un valido antidoto alla perpetuazione dei reati di molestie, stalking, maltrattamenti in famiglia e violazioni più o meno gravi della libertà sessuale”.
Anche in questo caso sarebbe meglio che il dottor Patronaggio si informasse, suggerisco la lettura dell’articolo del Dottor Leone sul “ Paradosso Nordico”, https://prolifeinsieme.it/?s=Paradosso+nordico&et_pb_searchform_submit=et_search_proccess&et_pb_include_posts=yes&et_pb_include_pages=yes
che riassumo in breve: nei Paesi del Nord dove si insegna da decenni l’educazione sessuale nelle scuole, i tassi di violenza, bullismo, molestie,femminicidi sono più alti che altrove. Evidentemente la strada giusta non è questa:(…)” la Svezia detiene il primato assoluto per femminicidi, per stupri, ed è anche il paese in cui almeno il 30% delle donne lamenta violenze domestiche.”
3) ”I reati di genere, infatti, sono alimentati da una cultura di prevaricazione maschilista che nasce già all’interno delle famiglie e si rafforza dall’instaurarsi di patologiche relazioni fra i partners dove violenze e ricatti affettivi sono scambiati per forme particolari di amore. Educare all’affettività, al rispetto di genere, accompagnare i soggetti deboli verso un cammino di consapevolezza di sé, sono momenti importanti verso una sessualità che non sia solo possesso e affermazione di sé ai danni dell’altro.”
Anche in questo caso c’è un errore dettato da non conoscenza: nella nostra società gli psicologi parlano piuttosto di “ devirilizzazione” non di prevaricazione maschile. Manca l’uomo, manca il padre, cancellato dalle cosiddette “ rivoluzioni sessuali” che, pur forse animate dalle migliori intenzioni, hanno invece stravolto ruoli definiti per natura e non per legge!
4) “Il soggetto istituzionale che può affermare questi valori non può che essere la scuola, coadiuvata da professionisti esterni, medici, psicologici e sociologici. L’educazione sessuale/affettiva nelle scuole non deve tuttavia esaurirsi nell’insegnare come si procrea, o come evitare gravidanze indesiderate o ancora come proteggersi da malattie sessualmente trasmissibili, ma deve formare ragazzi e ragazze capaci di gestire in modo maturo e consapevole i loro rispettivi rapporti”.
Ecco, a questo punto mi chiedo come mai un non addetto ai lavori si permetta di esprimere un giudizio sulla scuola non sapendo che noi, docenti, abbiamo compiti molto complessi che presuppongono impegno e responsabilità verso famiglie e studenti, tali da aver bisogno di tutte le ore previste dai programmi e che non possono certo essere ridotte per concedere l’accesso ai cosiddetti “ esperti” esterni.
Ma la gravità di queste affermazioni sta nella parte conclusiva del pensiero del Procuratore, quando afferma l’ esigenza di “ formare ragazzi e ragazze ecc.”.
Cioè di intervenire sulle menti e sui cuori, forse a gamba tesa, in modo indifferenziato, non sapendo chi siano gli studenti, il loro vissuto, l’ambiente dal quale provengano, come invece necessario per poter essere davvero efficaci ma, si badi bene, comunque invadendo uno spazio che, lo ribadisco, non compete ad estranei. Gli “ esperti” che non verrebbero a dare informazioni scientifiche porterebbero senz’altro il proprio essere personale nei loro interventi, perché l’educazione non è mai un fatto neutrale.
A conclusione del mio lungo intervento che dubito sarà pubblicato: l’educazione sessuale non è materia scolastica, non compete a docenti, psicologi, esperti esterni che si intromettano nel percorso educativo del quale unica protagonista può essere la famiglia.
Ci sono altre strade che la scuola può percorrere per insegnare amore e rispetto, ma questo, se si vorrà, sarà argomento di un’altra mia riflessione.
Grazie
Prof. Vittoria Criscuolo
Comitato “ Pro-life insieme “
www.prolifeinsieme.it
