Dignità umana ( infinita) e sua sostanza relazionale

Egregio direttore,

scrivo per condividere una riflessione sul tema tanto prezioso quanto dibattuto oggi delladignità umana, su cui le maggiori tradizioni religiose non cessano di interrogarsi e farsi promotrici. Vero è che non tutte hanno un’identica visione di come vada tutelata la dignità umana, ma il dialogo interreligioso e interconfessionale su questo tema non manca, nella certezza che la vita umana è un dono così grande da superare la nostra comprensione, ma certamente suscita il nostro stupore e richiede la nostra cura. Di seguito alcuni elementi fondanti della visione delle grandi religioni odierne.

Riconoscere la vita umana come dono di DioNeonato

Tutti noi viventi siamo esseri in potenza e dunque conosciamo l’inizio di un processo vitale ma non la sua origine; l’origine è un’eccedenza, un mistero che ci travalica! Oggi invece l’uomo sembra essersi dimenticato dell’origine e dunque si erge a “padrone del cosmo”, trasformando il suo potere in potenza, in altri termini ergendosi a giudice sulla causa della vita di cui egli è solo custode, non creatore.

Ma è davvero saggio cercare di avere TUTTO, SEMPRE, SUBITO? Eppure ciò che ci dà una rara Pace è spesso un incontro, una parola, un gesto inattesi e gratuiti. E’ dunque utile se non necessario chiedersi: a chi appartengo io? Per cosa valgono i miei sforzi?                                                                                                                                                         Nella secolare o millenaria sapienza di tutte le grandi tradizioni religiose emerge la consapevolezza che l’essere umano è chiamato a riconoscere la vita umana come qualcosa che lo trascende, che gli viene data e affidata da un Donatore in modo libero e gratuito, affinché possa a sua volta donarla con la medesima libertà e generosità.

Prendersi cura e pregare

Nelle grandi tradizioni religiose è condivisa la necessità di prendersi cura dell’uomo anche, e anzi soprattutto, nelle fasi più fragili della vita, laddove rispondere al suo essenziale bisogno di relazione può diventare l’unico sollievo in condizioni psicofisiche compromesse, laddove il pensiero di “farla finita” con la propria vita o con la vita dell’ innocente che si porta in grembo (vedi aborto procurato) può apparire l’unica soluzione. E la preghiera è la relazione per eccellenza, quella che dà valore e senso a tutte le altre relazioni, aiutando anche a rimediare a ciò che non funziona in uno spirito di correzione fraterna.

L’eccezione di un Magistero

La Chiesa cattolica, a differenza delle altre grandi tradizioni religiose, offre eccezionalmente un insegnamento univoco a riguardo della dignità della vita umana, dal suo concepimento alla sua morte naturale, ed è l’insegnamento del Magistero, cioè dell’autorità del Papa e dei Chiesa statuaVescovi in comunione con lui.

Il senso profondo, eccedente della “dignità umana”

E qui c’è il comune riconoscimento che la vita e la dignità umana vengono da Dio, da colui che sta all’origine dell’essere e si prende cura delle sue creature. Cito qui per chiarezza le parole della recentissima Dichiarazione Dignitas infinita della Chiesa Cattolica (aprile 2024):

“Una dignità infinita, inalienabilmente fondata nel suo stesso essere, spetta a ciascuna persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualunque stato si trovi. Questo principio, pienamente riconoscibile anche dalla ragione, si pone a fondamento del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti (n.1).                                                                                                                                (…). Il senso più importante è quello legato alla dignità ontologica che compete alla persona in quanto tale, per il solo fatto di esistere e di essere voluta, creata e amata da Dio (n.7).”

Ci sono tuttavia alcune differenze nelle diverse religioni sul fatto che la vita umana sia degna di esser vissuta dal momento del concepimento fino a quello della morte naturale, e qualcuno afferma il diritto di “autodeterminazione” della persona (ritenendo che le scelte circa la sua esistenza dipendano esclusivamente dal individuale e non dal suo tessuto relazionale e sociale, su cui tra l’altro ricadono). E’ il caso di tornare alla questione centrale: a chi appartengo io? Per cosa valgono i miei sforzi?        

Il problema della solitudine dell’essere umano

Davanti al dramma della sofferenza (in caso di persone con malattie gravi o dichiarate irreversibili) oppure davanti al timore di essere inadeguati ad una nuova situazione (in caso di donne che decidono di abortire senza neanche considerare alternative come il parto in anonimato), si può cadere nel vero dramma della solitudine.

Prima di pensare a nuovi diritti bisognerebbe tornare al loro universale fondamento: la persona è essere-da e essere-per e dunque si dovrebbe parlare di una vera e propria terapia della dignità che aiuti il sofferente o l’indeciso a riappropriarsi della sua identità/struttura relazionale, senza relegare le scelte di vita o di morte ad un fatto privato tra sé individuale e la tecnologia medica.        

Maria Antonietta Pini

Docente di religione cattolica

Comitato “ Pro-life insieme “

ProVita&Famiglia Onlus, circolo territoriale di Como

(Molte delle informazioni sono state tratte dal seminario interreligioso su “Dignità umana e fine vita” organizzato dall’Istituto Superiore di Scienze religiose di Milano, tra aprile e maggio 2024. Il seminario è stato coordinato dalla prof.ssa Elena Lea Bartolini e i relatori sono stati: prof. Silvano Petrosino, d.ssa Rosanna Supino, d.ssa Gabriella Moise, prof.ssa Gaia De Vecchi, pastora Ilenya Goss, imam Turrini e Maryan Ismail, prof.sa Caterina Giavotto, monaca induista SvaminiHamsananda, prof. Andrea Bienati, d.ssa Giada Carla Lonati). Vedi: https://www.issrmilano.it/2023/12/02/seminario-interreligioso-2024-dignita-umana-e-fine-vita-confronto-interreligioso/