Cosenza, aborto farmacologico: dolore e solitudine della donna

Egregio Direttore,
Chiedo di poter replicare all’articolo https://www.iacchite.blog/cosenza-aborto-farmacologico-la-protesta-di-una-mamma-le-ragazze-vengono-trattate-in-maniera-vergognosa/

Quando il legislatore pensò ad un modo per mettere fine alla vergognosa e pericolosa attività delle mammane e ne scaturì la legge 194 del 78, penso avesse un’idea diversa rispetto alla gestione che oggi si fa di tale legge.
Il “diritto” all’aborto garantito dalla 194 non doveva mettere in discussione il fatto che la vita andasse tutelata sempre e che si provasse in tutti i modi a trovare soluzioni tali da impedire di arrivare alle estreme conseguenze.
La legge non doveva assolutamente diventare “controllo delle nascite”, questo è esplicitato nei comma 1 e 2.
La posta in gioco era ed è troppo alta e quindi, pur legittimando l’ IVG, si cercò un modo perché si evidenziasse che quello a cui si stava rinunciando era un figlio.
Adesso, oltre all’aborto chirurgico si è aggiunto quello chimico che dovrebbe essere ( uso non a caso il condizionale) meno invasivo in quanto non richiede sedazione né anestesia. Prevede l’assunzione del farmaco il quale avrà il compito di espellere l’ embrione.
L’aborto resta comunque un atto di profonda violenza che il corpo della donna deve subire, sia esso chirurgico che chimico. È doloroso e invasivo e lo testimonia la mail della mamma che ha sentito della sofferenza di molte giovani dopo l’assunzione della Ru 486, la pillola abortiva indicata per interrompere la gravidanza nei primi due mesi.
La signora lamentava il fatto di aver sentito  che le ragazze, dopo l”assunzione del farmaco, fossero lasciate sole, chiuse in una stanza, in preda a spasmi e conati di vomito”.
Non so se questo si realizzi davvero nei reparti dedicati all’interruzione di gravidanza o se sia una leggenda metropolitana, come quella che vedrebbe il personale sanitario obiettore di tale pratica esultare di fronte a donne che soffrono dopo aver abortito.
Dietro una scelta così forte c’è quasi sempre, purtroppo, disinformazione, soprattutto se a farla sono ragazze molto giovani, ma ci sono anche disperazione, paura, ansia.
In qualsiasi modo lo si subisca l’ aborto lascerà nella donna, ma anche nell’uomo che troppo spesso è ritenuto marginale nella scelta, dolore.
Quando “non una di meno” scende in piazza rivendicando il diritto al rispetto delle donne costrette a subire violenza da parte dei loro partners, dovrebbe pensare anche alla violenza che subiscono le donne ( in questo caso donne ma anche gli uomini) che non avranno mai la possibilità, per scelta di terzi, di nascere.
Vorrei che quell’ ” non una di meno” riferito alle donne massacrate con violenza si riferisse anche ai bambini eliminati con la stessa violenza tra il silenzio assordante di una società compiacente.
Vorrei che ci fosse maggiore informazione sulla vita nascente perché non si tratta di un “grumo di cellule” ma di un uomo, di una donna che non hanno la forza di gridare il loro diritto di vivere e che per questo vanno assistiti, tutelati.
Come vanno assistite e tutelate le madri che stanno vivendo la più bella sfida della vita, che è quella di METTERE AL MONDO UN UOMO. Dando loro tutti gli aiuti di cui hanno bisogno per fare sì che non si sentano mai sole e abbandonate, ma accolte.
Sarà poi di sicuro la vita stessa a dare loro le prove per cui le farà dire: “sì,  ho fatto la scelta giusta”, quando stringeranno tra le braccia il loro bambino.
Non è una soluzione romantica ma l’esatto epilogo che tutte le madri sono pronte a testimoniare.

Angela D’Alessandro
Prolife insieme
http://www.prolifeinsieme.it