Bolzano: educazione affettiva, ma è davvero compito della scuola?

Articolo giornaleEgregio Direttore,
Scrivo in merito all’articolo “l’educazione affettiva serve a tutti”, che mi ha lasciata molto perplessa.
L’ EMENDAMENTO DI LATINO (Lega) al ddl Valditara sull’educazione sessuale nella scuola, emendamento che vieta la materia “educazione affettiva” nella primaria e nella secondaria di primo grado, permettendola solo alla secondaria di secondo grado previo consenso informato, sta facendo discutere.
Un po’ ovunque se ne parla, dai salotti televisivi, alle testate giornalistiche, agli interventi di psicologi e professionisti vari.
Ognuno esprime la propria opinione e quasi tutti concordano che, tale intervento da parte della scuola, sia importantissimo al fine  di “fornire delle linee guida” affinché ci sia una maggiore conoscenza del corpo per promuovere così relazioni sane.
Necessario inoltre per favorire l’autostima, prevenire il bullismo, le discriminazioni e la violenza di genere.
Ciò dovrebbe rappresentare per molti uno strumento in grado di fare crescere i giovani liberi da stereotipi.
La scuola dovrebbe quindi essere in prima linea riguardo al tema “affettività” impegnando ore extracurricolari all’ educazione delle relazioni.

MA È PROPRIO COSÌ? È questo il compito della scuola?
È sottraendo ore alle discipline curricolari che si raggiunge il nobile obiettivo?
Perché mai l’insegnante dovrebbe sostituirsi ad un genitore per parlare di affettività?
Proponendo contenuti così delicati ad una platea di alunni eterogenea con tempi e modi di crescita diversi?
Senza chiedersi peraltro se, chi riceverà le informazioni, sia pronto ad elaborarne correttamente i contenuti.
Entrando a gamba tesa in aspetti “multidimensionali”
della persona che sono non solo biologici ma anche psicologici, sociali e culturali e che non devono essere sottovalutati.

INOLTRE mi chiedo se sia funzionale caricare la scuola, che lavora già in emergenza per quanto riguarda le complesse realtà che la compongono: extracomunitari, disabili, burocrazia, figure esterne ecc., di altro!
È corretto riservare sempre meno tempo all’insegnamento, privando i ragazzi di un sacrosanto diritto, per dare spazio a temi per i quali la scuola può fare ben poco?
Siamo bombardati da messaggi che inneggiano alla violenza ed al sesso ovunque.
Li troviamo nei film, nelle pubblicità, li ascoltiamo tra il parlato comune.
Chi crede che parlare di affettività a scuola possa fungere da deterrente nei confronti della violenza di genere lancia un messaggio non veritiero.
In Svezia, Germania, Francia, Danimarca, Finlandia e Paesi Bassi i programmi di educazione sessuale/affettiva sono obbligatori ed integrati nei curricoli, però la violenza non è diminuita anzi, secondo gli ultimi dati statistici è in aumento.

L’EDUCAZIONE sessuale/ affettiva è in primis dovere e responsabilità della famiglia. I ragazzi a scuola dovrebbero arrivare già “istruiti”.
È in famiglia che si impara il rispetto reciproco.
Non si può  però negare che le famiglie adesso stiano vivendo momenti di grande fragilità sotto più punti di vista.
Moltissimi sono i problemi con i quali devono fare i conti:
economici, relazionali, separazioni, conflitti, che creano sistemi familiari disfunzionali.
In questo senso allora andrebbero orientati gli sforzi, dedicando quindi alle famiglie attenzioni e sostegno, garantendo loro aiuti sia materiali che psicologici.

DA SEMPRE gli istituti scolastici di ogni ordine e grado, partendo dalla scuola dell’infanzia, hanno come obiettivo trasversale l’educazione al rispetto, a rafforzare l’autostima, a prevenire la violenza.
E lo fanno utilizzando contenuti didattici specifici e adatti all’età anagrafica degli alunni.
Con i bambini della materna servendosi di storie i cui contenuti sono mirati a raggiungere gli obiettivi sopra citati, come ad esempio attraverso fiabe e favole che parlano di rispetto reciproco.

Per i più grandicelli della primaria c’è il bel classico che tratta di stima verso gli altri: “Il piccolo principe” di Antoine de Saint-Exupery.
Per proseguire con “L’amico ritrovato” che esplora temi come l’amicizia e la gentilezza.
Oppure testi quali “Cuore” di de Amicis e “I ragazzi della via Pal” di Molnar che illustrano il rispetto e la lealtà nel contesto scolastico.
Per la secondaria di secondo grado ci sono opere superbe come “Lisistrata” di Aristofane che veicola un messaggio pacifista criticando gli orrori della guerra attraverso l’astuzia e la determinazione femminile, o “La locandiera” di Goldoni che affronta il rispetto verso le donne.
Alcuni insegnanti utilizzano anche articoli di cronaca presi da vari quotidiani.
Quindi il materiale non manca per arrivare all’obiettivo.

“L’istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo”
Nelson Mandela

È quanto la scuola sta provando a fare da sempre, usando gli strumenti che ha a disposizione come la cultura, libera da pregiudizi, mirando sempre a trarre il meglio dalle menti degli studenti.
Restando in prima linea per combattere la violenza, per il rispetto dei propri confini e di quelli altrui.

IL RISCHIO DELL’ INDOTTRINAMENTO  ideologico, introducendo la materia affettività, non va sottovalutato in quanto reale.
La scuola non deve farsi cassa di risonanza dell’ideologia ma mirare a creare menti libere, autentiche non fotocopie.
E ci può riuscire solo formando cittadini culturalmente preparati per affrontare le sfide della vita.
Uomini e donne con intelligenza critica, non omologata all’andamento del mercato.
Disposti a mettersi in gioco per il bene comune.
Non sentendosi condizionata da obblighi politici ma potendo restare libera, al fine di riuscire a svolgere con efficacia il suo compito principale che è trasmettere la bellezza della cultura e della conoscenza.
Per questo l’ideologia deve restare fuori.

Angela D’Alessandro. Bolzano

Prolife insieme
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