Analfabetismo affettivo: chi educa i ragazzi alle emozioni?

Egregio Direttore,
Mi consenta di replicare all’articolo https://www.orizzontescuola.it/scuole-per-genitori-non-ce-ne-sono-cecchettin-svela-il-vuoto-educativo-che-genera-violenza-da-0-a-6-anni-leducazione-e-in-famiglia-ma-chi-forma-i-genitori/

“Analfabetismo affettivo” è l’ hashtag che ultimamente si sente quando si parla di femminicidi ma non solo.
Figli che uccidono i genitori, genitori che uccidono i figli vengono etichettati come frutto dell’analfabetismo affettivo.
Per tentare di tamponare questo fenomeno tragico che sembra non avere mai fine si vorrebbero coinvolgere le scuole le quali, introducendo progetti dedicati, dovrebbero fare educazione “affettiva”.(Educazione familiare, la chiave per aiutare i giovani a vivere felici)
Si propone inoltre una “scuola per genitori” che probabilmente avrebbe il compito di fare sì che le famiglie reimparino ad educare la prole.
Purtroppo queste tragedie sono spesso “tragedie annunciate” in quanto sono la perfetta conseguenza di una società “virtuale”.
I rapporti sono tenuti in piedi dallo smartphone, dai social, dai likes che offrono una realtà distorta.
Il confronto reale diventa difficile, si comunica ma senza ascoltare, i bisogni personali diventano prioritari.
Non si esce mai dall’egocentrismo infantile e si resta aggrappati ad un IO spropositato accentuato da un SUPER IO cucito addosso da una società che esalta la cultura del “mi piace”.
I giovani, ma non solo, sono sempre alla ricerca di conferme mettendo in piazza tutto quello che li rappresenta, il loro privato sui social e trovano soddisfazione nei pollici in su, segno che il tutto è stato apprezzato.
Questa forma di esibizionismo però non accetta rimproveri, critiche, confronti.
Diventa frustrante non avere consenso.
Una personalità formata in questo modo è fragile, pericolosa perché potenzialmente aggressiva, violenta, segnata da un narcisismo che non ammette repliche.
Per tentare di prevenire questi disastri credo che si debba intervenire capillarmente penetrando in ogni ambiente o livello sociale, per raggiungere ogni singolo individuo.
Sicuramente le leggi dovranno essere punitive per chi commette atti di violenza però  si dovrà pensare anche ad una rivoluzione culturale.
Le famiglie tornino ad avere ruoli ed impostazioni genitoriali.
Non permettano ai figli di usare i social come “surrogato affettivo” dal quale succhiare approvazioni.
I ragazzi, ma non solo, hanno bisogno di un’educazione emotiva di relazione che li aiuti a superare le frustrazioni, che sempre derivano dai confronti ma che non devono diventare macigni.
Bensì servano loro quale esperienza positiva per affrontare la vita reale con annessi e connessi.
Le famiglie si stringano attorno ai loro focolari offendo protezione, ascolto, approvazione, amore.
Solo così la scuola potrà svolgere il ruolo per cui opera, ossia quello culturale.
Si potrà forse tacciare questa mia riflessione come retrograda e oscurantista ma, alla luce dei fatti, penso che un passo indietro sia adesso d’obbligo, per superare il famoso analfabetismo affettivo e diventare persone lucide e libere.

Angela D’Alessandro
Prolife insieme

http://www.prolifeinsieme.it