Urge una rieducazione al concetto di “ amore”.
Talvolta si sente dire da chi abortisce che “ l’ha fatto per amore”, soprattutto quando si tratta di aborto -cosiddetto- “terapeutico “, effettuato oltre il termine di 90 giorni, reso lecito dalla legge 194/78 qualora siano riscontrate nel feto anomalie in grado di procurare gravi danni psichici alla madre. Le argomentazioni frequenti, infatti, sono proprio legate al presunto “amore” verso il figlio, che sarebbe destinato a una vita non degna di tal nome, a causa di accertate patologie.
Quale nesso può esserci tra l’aborto, che è l’uccisione di un bambino prima della nascita, e l’amore, inteso però nel vero senso del termine?
“Amore” in lingua italiana è un termine onnicomprensivo, molto generico, utilizzato per ambiti i più diversi tra di loro. Sentiamo dire “ amo Dio/ amo mio marito/ amo il cinema/ amo la pizza/ amo il mio cane/ amo la montagna”…
Probabilmente l’intensità del sentimento d’amore sarà diversissima, ma noi ci adattiamo alla superficialità del termine amore e del verbo amare e li attribuiamo in maniera indifferenziata. La nostra lingua possiede parole diverse, oltre ad “amare”: piacere/voler bene/gustare/essere affezionato/adorare/apprezzare…senza però che noi ce ne serviamo in modo appropriato.
“ Deus Caritas est”, l’enciclica di Benedetto XVI che spiega cosa sia davvero “ amore”
Se proviamo, grazie alle nostre radici, greca, latina e cristiana, però a fare riferimento alla cultura e alla lingua classica, al greco antico per la precisione, scopriamo che il ventaglio delle opzioni si amplia e si diversifica notevolmente, a seconda del contesto.
Se si tratta di amor filiale, la “ pietas” latina che contraddistingueva Enea, il termine greco è “storghé” (στοργή) , affetto tra genitori e figli . Noi diciamo invece ancora una volta “ l’amore per mio figlio/ per mio padre “.
Il termine “ éros” ( έρως ) allude all’attrazione fisica, all’ apprezzamento per la bellezza, forza che consente all’anima di ascendere al sovrasensibile. Noi però diciamo “ amo i tuoi occhi/ i tuoi capelli”, sempre servendoci di un verbo solo, univoco.
Il sostantivo “ agápe”, ( αγάπη ) ha un significato altissimo, “ l’amore che si irradia da Dio, l’amore del potente che solleva l’umile e lo innalza al di sopra degli altri”( Giorgio M. Carbone, Ma la più grande di tutte è la carità, ESD, pagg. 29-31).
Papa Benedetto XVI ha dedicato un’intera enciclica all’amore, “ Deus Caritas est”, nella quale viene messa in luce la complementarietà tra i termini éros e agápe, mai separabili l’uno dall’altro. ( cap. 7), concludendo “(…) Chi vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono”. Ma anche quando ci si rivolge a Dio, in lingua italiana si continua ad usare il verbo “ amare”.
L’ amore è una virtù unitiva
L’amore è un atto di volontà libera, per il bene, non per il male, di se stesso e dell’altro. Inoltre l’amore è una virtù unitiva.
Come si può pensare ad una conciliazione, quindi, tra l’amore e l’aborto? Chi decide di abortire non può certamente essere mossa da amore, non verso se stessa né tantomeno verso il bambino che attende di nascere, in particolar modo se si tratta di un piccolo con delle difficoltà .
Anche se talora la donna viene a trovarsi in situazioni drammatiche, di abbandono, di violenza, di disperazione, anche se l’aborto le può sembrare l’unica conclusione possibile per una gravidanza inaspettata, tale scelta non si concilia mai con l’amore .
Urge una rieducazione della persona umana al vero significato della parola “ amore”.
Prof. Vittoria Criscuolo
Vicepresidente di “ Pro-life insieme “