Aborto,nel 2025 il “ muro di silenzio” e la “ vergogna” non esistono

Gent. Direttore,
leggo sul suo giornale l’articolo di promozione del libro della deputata Gilda Sportiello in merito alla questione sull’aborto, nel quale vengono sollecitati appelli al dialogo sul tema.

https://nuovecronache.com/la-necessita-impellente-di-dialogo-sullaborto-il-richiamo-di-gilda-sportiello/?amp=1
La deputata parla di “muro di silenzio” che circonda l’aborto, di liberazione della donna dalla “vergogna” imposta dalla società, di percezione dell’aborto non come “diritto” ma una concessione. Ma la cosa più assurda è parlare della gravidanza come una questione di salute riproduttiva e chiedere di riconoscere l’aborto come atto medico necessario. Ma da quando la gravidanza è diventata una malattia?

Occorre fare chiarezza su alcuni punti essenziali:

1) l’autonomia della donna si esercita prima dell’atto sessuale dal quale, si sa, c’è una percentuale di probabilità che possa scaturirne una gravidanza; oggi le donne hanno, a differenza di una disinformazione piuttosto diffusa nei decenni passati, consapevolezza di questo;

2) gli aborti effettuati in Italia dall’approvazione della legge 194/78, hanno raggiunto cifre da brividi, circa sette milioni di bambini, futuri concittadini eliminati in nome di una “presunta” libertà di decidere sul proprio corpo. Il corpo in questione, però, non è quello della donna ma quello di una creatura innocente che non ha nessuna colpa della propria esistenza; e non parliamo di frutto di stupri o violenze perché una percentuale così elevata di omicidi non può essere imputata a episodi di violenza ma piuttosto a una irresponsabilità, superficialità nel vivere la sessualità o ad insufficiente informazione sul fatto che in realtà si sta uccidendo una creatura;

3) nei casi poi di effettiva violenza subìta, invece di proporre l’eliminazione della conseguenza dell’atto, sarebbe molto più utile un vero accompagnamento della donna per la prosecuzione della gravidanza che porterebbe enorme giovamento alla situazione emotivo/psicologica della madre e alla creatura che, alla nascita, potrebbe essere data in adozione a quelle coppie che desiderano diventare genitori e non ne hanno la possibilità.

La deputata Sportiello, così animata dal desiderio di fare giustizia, dovrebbe domandarsi se è giustizia, e non servilismo verso un’ideologia di morte che mette a rischio l’intera società italiana alle prese con il problema reale di un preoccupante inverno demografico, il reclamare un atto così devastante nei confronti delle donne e dei bambini, al punto di richiedere l’aborto farmacologico domestico dove il bambino viene brutalmente scaricato nel water. Il bambino a nove settimane dal concepimento è già perfettamente formato anche se non ancora completamente sviluppato. Non è inquietante pensare di scaricarlo nella fogna?
Le politiche che vogliono mettere in atto azioni orientate all’aiuto e sostegno delle donne, non dovrebbero spingerle all’eliminazione del “problema” ma, viceversa, offrire soluzioni affinché la loro scelta possa essere a favore della vita.

Dare alla sola donna la responsabilità della decisione sulla sua condizione di gravidanza significa isolarla e opprimerla ancora di più per la scelta compiuta.

La salute della donna si protegge proprio dal pericolo di quel senso di colpa che non viene da una società che opprime ma dalla coscienza personale, dalla consapevolezza di aver compiuto un atto orribile, da quel vuoto che nessuno potrà colmare e che resterà per sempre.
Occorrono azioni politiche a supporto delle famiglie, che rivalutino anche la figura del padre, pesantemente accusato di irresponsabilità se fugge, ma ingiustamente estromesso se si offre di condividere la decisione, e che è presenza fondamentale per il supporto della donna oltre che un suo diritto.
Cara deputata Sportiello, noi non diciamo “potevi pensarci prima”, noi diciamo “pensaci! E scegli la vita!”.

Per Prolife Insieme
Diana Barigelletti
www.prolifeinsieme.it