Replica a L’Espresso https://lespresso.it/c/-/2025/3/25/copertina-espresso-1976-bambole-battaglia/53443
“Bambole da battaglia –
La copertina de L’Espresso del 1976”
Essendo nata nel 1976 posso definirmi una donna cresciuta in pieno clima di rivendicazione femminista, tuttavia guardando la foto in copertina che ritrae una donna nuda a gambe aperte dal cui ventre sembrano uscite delle bambole, mi sento offesa e ferita dal pessimo gusto di questa immagine.
A quanto pare non è della stessa opinione l’autore di questo articolo che, forse, temendo di essere considerato un nostalgico del patriarcato, definisce questa foto semplicemente naif e la descrive come una vera sfida ai tabù sessuali e riproduttivi.
D’altro canto come non essere d’ accordo con il giornalista circa la “potenza”di questa immagine che anche se in maniera oscena entra prepotentemente nell’immaginario collettivo. Le leggi del marketing infatti ci insegnano che dell’ argomento desiderato non importa come se ne parli purché se ne parli. Questa foto doveva servire a vendere un prodotto: l’aborto. E purtroppo ci è riuscita.
Questa triste rappresentazione di una donna con sguardo meccanico e vuoto come quello delle bambole che sembra aver appena partorito, esaspera la grande menzogna sulla quale si basa tutta l’ ideologia pro-aborto ovvero: il feto non è un essere umano, non è vivente! Il bimbo nel grembo materno è finto proprio come una bambola che si può gettare tranquillamente nella spazzatura quando non la vogliamo più, senza provare alcun rimorso.
Ecco la grande civiltà frutto della battaglia femminista della quale questo giornale si vanta di essere un fiero combattente da decenni.
In effetti si può dire che la stampa e i media abbiano una enorme responsabilità nella diffusione capillare di questa cultura di morte che oggi pretende di ergere a diritto la soppressione della vita umana nel grembo materno e dei soggetti più deboli e fragili della società, gli indifesi e i non voluti.
Che progresso, che modernità!
Verrebbe da chiedersi però quale sia il prezzo di queste “conquiste”.
Il principale frutto marcio di questa ideologia è la perdita di umanità, di compassione, vorrei dire anche di amore, benché oggi questo termine si usi spesso solo per appagare i nostri bisogni di piacere e soddisfazioni personali.
L’interruzione volontaria di gravidanza porta con sé due vittime: il feto ucciso, e la donna, madre per sempre di un figlio non voluto.
Abbonda la letteratura scientifica che attesta le gravi conseguenze psicofisiche dell’aborto sulla donna. Come può la donna pensare di sopprimere una parte di sé e non subire delle conseguenze? Ma di questo non bisogna parlare.
Se la rivoluzione sessuale ha portato a ridurre la donna a una macchina da sesso inanimata, forse è ora di iniziare una controrivoluzione che valorizzi la vera bellezza dell’essere femminile, materna anche senza essere madre biologica, capace di compassione umana e determinata nella difesa della Vita.
Prolife Insieme e tante altre associazioni hanno già incominciato questa
battaglia unisciti a noi in questa controrivoluzione per riportare il senso di umanità nella nostra società.
Manuela Ferraro
Poggibonsi SI
Comitato “ Pro-life insieme “