Egregio Direttore,
Chiedo cortesemente diritto di replica all’articolo pubblicato sulla sua testata.
Leggo che la lamentela principale sarebbe il non conoscere a tutt’oggi le cifre degli aborti e la sede più vicina dove recarsi per l’interruzione, nonché il numero elevato di ginecologi obiettori di coscienza, perché così non sarebbe garantito il diritto di aborto.
Da donna, impegnata nel mondo pro-life a vari livelli da diversi anni, mi permetto di dire che il problema è a monte. Si dà per certo che tutte le donne che abortiscono siano state correttamente informate delle possibilità alternative, così come prevede la legge 194/78, all’articolo 5, cosa che invece non accade:
Art. 5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria;
oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici,
hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la
richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata
dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o
familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la
donna e con il padre del concepito, ove la donna lo
consenta, nel rispetto della dignita’ e della riservatezza
della donna e della persona indicata come padre del
concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di
aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla
interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far
valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di
promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la
donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la
gravidanza sia dopo il parto.
La donna viene davvero informata dei suoi diritti alternativi all’aborto? Viene messa a conoscenza delle realtà e delle strutture che potrebbero darle sostegno?
Poi, a proposito del consenso informato:la donna viene messa al corrente delle conseguenze psicologiche della sua decisione di abortire? Io nella mia esperienza ho ascoltato e letto il dolore e l’angoscia e il dramma che si portano nel cuore migliaia di donne, alle quali nessuno ha parlato della sindrome post aborto. Gli psicologi cercano di aiutare le mamme mancate a superare il trauma e ad elaborare il lutto, con anni di terapia, e non sempre riescono a conseguire il risultato. Per chi è credente, nemmeno confessioni reiterate riescono a portare la madre a perdonare se stessa per il peccato di aborto.
Infine: non si può più, dopo quasi mezzo secolo, procedere senza informare correttamente la donna di ciò che il 96% dei biologi di tutto il mondo ormai riconosce come acclarato: la vita umana inizia dal concepimento, il cuore del bimbo batte a 20 giorni. L’aborto interrompe un processo vitale già iniziato determinando la morte del bimbo. È questo è, probabilmente, il vero motivo dell’ altissimo numero di obiettori di coscienza ( diritto garantito dalla Costituzione), i quali non dimenticano il giuramento di Ippocrate “ primum non nocere “.
Quando tutte queste ( e altre)informazioni saranno state offerte alla donna che si reca ad abortire, allora potremo parlare di libertà di scelta rispettata. Noi donne ci meritiamo di non essere trattate come dei “ contenitori” da svuotare con l’aborto.
La nostra dignità e il nostro cuore sono in gioco.
Prof. Vittoria Criscuolo
Vicepresidente “ Pro-life insieme “
https://lavoce.info/archives/106467/laborto-e-un-diritto-ma-non-e-garantito-ovunque/