Aborto a domicilio, rischi reali per la salute delle donne

https://www.aboutpharma.com/sanita-e-politica/laborto-medico-precoce-a-domicilio-fino-a-12-settimane-e-sicuro-efficace-e-paragonabile-al-trattamento-ospedaliero

In merito all’articolo “L’aborto medico a domicilio fino a 12 settimane è sicuro, efficace e paragonabile al trattamento ospedaliero” (AboutPharma, 9 ottobre 2025), i ricercatori scozzesi celebrano un’estensione che ignora deliberatamente i rischi reali per la salute delle donne e il valore intrinseco della vita umana dal concepimento. Basato su un campione limitato – appena 485 donne tra la decima e la dodicesima settimana, di cui solo 371 hanno optato per l’aborto medico, con il 70% a domicilio – lo studio vanta un tasso di successo del 97% e complicanze rare (quattro casi, inclusa un’emorragia cronica). Ma questi numeri, estrapolati da un contesto pandemico temporaneo, mascherano una narrazione pericolosa: l’aborto chimico a casa non è un progresso, bensì un abbandono che espone le donne a solitudine e pericoli imprevedibili.
I dati italiani, spesso sottaciuti, raccontano una storia diversa. Secondo l’Istat e le relazioni ministeriali, nel 2019 si sono registrate 411 complicazioni legate all’aborto farmacologico con RU486 (mifepristone) e prostaglandine, un metodo che innalza i rischi di emorragie, infezioni e necessità di interventi chirurgici successivi. Studi internazionali, come quelli esaminati dall’Osservatorio Permanente sull’Aborto, confermano che l’aborto domiciliare privilegia la diffusione dell’interruzione volontaria piuttosto che la sicurezza femminile. Emorragie post-parto aumentate, complicanze letali rare ma reali, e tassi di ospedalizzazione elevati – fino al 5-7% in alcuni contesti – emergono da revisioni come quelle del 2021 su gravidanze oltre le 13 settimane. In Scozia, le pazienti a domicilio hanno contattato i servizi più spesso per ansie e chiarimenti, un segnale di isolamento emotivo che l’articolo minimizza come “comprensibile”.
Questa promozione riflette interessi economici evidenti: associazioni come Luca Coscioni spingono per la RU486 a casa per ridurre costi ospedalieri, trasformando un atto tragico in una procedura “comoda” che deprime la dignità della persona. Ma qual è il vero costo? L’aborto non è mai “sicuro” per il figlio concepito, un essere umano vitale fin dal primo istante, né per la madre, esposta a traumi psicologici duraturi – depressione, sensi di colpa, disturbi relazionali – documentati in letteratura ginecologica. L’AIGOC, Associazione Italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici, denuncia da anni come tali pratiche violino il principio etico di proteggere la vita e la salute integrale della donna, non riducendola a un mero “oggetto” di scelte individualistiche.
In un’epoca di denatalità drammatica, l’Italia dovrebbe investire in supporto alla maternità, non in scorciatoie che sacrificano generazioni future. Abbandonare le donne sole a casa, in preda a dolori e rischi, non è empowerment: è una violenza silenziosa che grida giustizia per entrambe le vite coinvolte.

La Redazione del Comitato Prolife insieme

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