Papa Francesco si è sempre espresso chiaramente sull’aborto: si tratta di un omicidio e coinvolge il bimbo innocente e la donna , la quale però soffre per anni, perciò deve essere accolta con misericordia.
Come diffondere cultura per la vita e, contestualmente, aiutare chi ha rinunciato al proprio bimbo? Un grande ruolo svolgono le associazioni pro-life, in Italia e nel mondo.
Cerchiamo di chiarire alcuni aspetti del servizio dei pro-life nell’intervista a radio Maria del 16 settembre, durante la trasmissione Tavolo Pro-life, con don Francesco Giordano, presidente di Pro-life insieme . Innanzitutto:
1) Chi è don Francesco Giordano?
Sono Direttore dell’ufficio di Roma “Vita Umana Internazionale” dal 2015. La nostra missione è quella di difendere il diritto alla vita innocente e alla dignità di ogni persona umana dal suo concepimento fino alla morte naturale.
Human Life International è un apostolato cattolico che si impegna alla costruzione di una cultura della vita e dell’amore in tutto il mondo attraverso l’educazione, le azioni di sensibilizzazione ed il servizio al prossimo.
HLI persegue questa missione attraverso le seguenti attività:
Tra le nostre attività:
Da qualche anno l’ufficio di Roma è stato preposto anche a coordinare gli altri uffici d’Europa.
In Italia collaboriamo con varie realtà impegnate in difesa della vita. Da questa collaborazione con altre realtà è nata “Pro-life insieme”, una rete di associazioni, gruppi, volontari, singoli cittadini, che ha l’obiettivo di rappresentare il “popolo della vita” presente nel nostro Paese, in difesa del bimbo non nato, della mamma, del padre. Con modi pacati, ma decisi, evitando inutili antagonismi che negli anni passati hanno travagliato anche il mondo pro-life.
” L’argilla che tiene insieme il fiume che scorre è fondamentale per il suo corretto scorrere”
Benedetto XVI ha usato un’immagine per parlare della Chiesa, che S. Henry Newman usava e che credo sia molto appropriata per quello che stiamo cercando di fare: l’argilla che tiene insieme il fiume che scorre è fondamentale per il suo corretto scorrere. Tale è l’argilla delle anime oranti che ogni giorno cercano di fare la volontà di Dio e di formare la Chiesa nel suo nucleo. È l’argilla delle persone attive in molti centri di maternità in tutto il Paese.
Cerchiamo di rafforzare l’argilla “incoraggiandoci a vicenda” (Ebrei 3,13) con parole e azioni.
2) parliamo di aborto: quali documenti possiamo leggere noi cattolici per capire perché il Magistero non accetterà mai l’aborto?
Suggerirei innanzi tutto di leggere l’enciclica Evangelium Vitae dove il problema è affrontato in modo sistematico e profondo.
Anche la Dichiarazione sull’aborto procurato del 1974 della Congregazione della Dottrina della Fede è un documento molto chiaro sull’intrinseca malvagità dell’aborto.
Inoltre, nella prospettiva dell’immutabilità del Magistero (su aborto ma non solo) l’enciclica Veritatis Splendor sempre di San Giovanni Paolo II ribadisce con chiarezza l’immutabilità della legge morale e della verità in genere.
3) Lei ha uno sguardo sugli Stati Uniti, dal momento che è anche responsabile in Italia e in Europa di HLI. Può spiegare cosa sia cambiato con la sentenza Dobbs rispetto a Roe vs Wade?
La sentenza Dobbs, ricordiamolo, non ha abrogato l’aborto negli USA, ma ha semplicemente delegato ai singoli Stati la decisione su di esso. Ogni singolo Stato ha poi agito in modo indipendente, quando non diametralmente opposto.
Per cui oggi ci sono Stati come la California che permettono l’aborto tardivo, mentre altri come il Texas sono riusciti a ridurre gli aborti al minimo storico, quasi a eliminarlo, anche grazie all’Heartbeat law. Si può comunque affermare che con la sentenza Dobbs si è aperto uno spiraglio.
4) Cosa pensa della legge 194/78 che permette in Italia l’aborto? Può un cattolico riconoscere che esistono “parti buone” in una legge che, in 46 anni, ha causato più di 4.000.000 di aborti?
La legge 194/78 recita all’articolo 1: “Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio”. Partendo da una tale affermazione e da altre simili alcune persone, senz’altro animate dalle migliori intenzioni, sono impegnate a vario livello a ridurre il più possibile il numero degli aborti. In una riunione riservata ai membri di HLI Europa abbiamo avuto modo di ascoltare il prof. Stefano Semplici interprete di questa linea strategica. Davanti all’immane tragedia costituita dall’aborto tutti i tentativi sinceri di porvi rimedio sono benvenuti.
Questo però non può farci dimenticare che ovviamente la ratio della legge 194 è quella di legalizzare l’aborto. C’è un articolo della legge, che potrebbe porre, diciamo, un argine, affinché il bambino non venga abortito. Che alcuni definiscono la parte “buona” della legge, che però non viene applicata in modo consistente. Ossia, quando si fa riferimento alle strutture che in prima istanza vengono contattate da una donna che intende abortire e che dovrebbero analizzare le motivazioni e proporre delle soluzioni e aiuti concreti alla donna in difficoltà.
L’articolo 5 della legge 194 del 1978 riguardo alla donna che intenda fare ricorso all’aborto, recita così:
“Art. 5. Il consultorio e la struttura socio-sanitaria; oltre a dover garantire i necessari accertamenti medici, hanno il compito in ogni caso, e specialmente quando la richiesta di interruzione della gravidanza sia motivata dall’incidenza delle condizioni economiche, o sociali, o familiari sulla salute della gestante, di esaminare con la donna e con il padre del concepito, ove la donna lo consenta, nel rispetto della dignità e della riservatezza della donna e della persona indicata come padre del concepito, le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza, di metterla in grado di far valere i suoi diritti di lavoratrice e di madre, di promuovere ogni opportuno intervento atto a sostenere la donna, offrendole tutti gli aiuti necessari sia durante la gravidanza sia dopo il parto.”
Se guardiamo alla definizione di legge, possiamo vedere che nelle scienze giuridiche, essa indica qualunque elemento che contribuisce alla formazione di un ordinamento giuridico.
Una legge “buona” dovrebbe difendere i diritti e i doveri di ogni essere umano
Vorrei citare un’intervista, risalente all’aprile scorso, di Mons. Paglia, presidente dell’Accademia per la Vita, in occasione di una votazione del Parlamento europeo a favore dell’inserimento del “diritto” all’aborto nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, apparsa su VaticanNews. Il Monsignore dice:
“dobbiamo tener conto delle donne, aiutarle, sostenerle, anche perché molte di loro che abortiscono lo fanno per disperazione. Il problema è: la totale assenza del diritto del nascituro. Questo secondo me è gravissimo da un punto di vista culturale, oltre che sociale. In questo senso mi pare una scelta che va indietro, non avanti, e contrasta quel rispetto per tutti i diritti, anche dei più deboli e in questo caso il nascituro è più debole, non può parlare, non può rivendicare nulla, ed è logico, troppo facile, affermare i diritti dei più forti e dimenticare i più deboli. È una scelta sbagliata quella di pretendere un diritto solo di una parte, non di tutte e due”.
Per concludere vorrei ricordare quello che ha detto Papa Francesco nella sua autobiografia:
«non mi stancherò mai di dire che l’aborto è un omicidio, un atto criminale, non ci sono altre parole: significa scartare, eliminare una vita umana che non ha colpe. È una sconfitta per chi lo pratica e per chi si rende complice: dei killer prezzolati, dei sicari! Mai più aborti, per favore!»
Quindi, in un mondo ideale, la legge 194/1978 sarebbe da abrogare e l’aborto sarebbe da sanzionare per quello che è, ossia omicidio volontario. Purtroppo, dato che l’attuale situazione non lo permette, si possono apportare delle modifiche alla legge, come quelle della proposta di legge popolare “un cuore che batte”. Questo rientra nel principio della morale definito “riduzione del danno”: quando non è possibile eliminare un male, è moralmente lecito, anzi doveroso, porre un argine a tale male.
5) servire la causa della vita nel Comitato “Pro-life insieme “: spieghiamo agli ascoltatori cosa facciamo e a chi ci rivolgiamo?
Vogliamo dare un contributo per rendere più unito e quindi più forte il mondo pro-life. Vuol dire che è insieme, ognuno con le sue peculiarità, che dobbiamo operare per il bene. Vogliamo essere, diciamo un elemento di cooperazione e unione tra le tante e belle realtà che ci sono e operano nel nostro Paese.
Cerchiamo di aiutare in ogni modo la società a prendere in seria considerazione il tema della vita e quindi affrontare anche il problema dell’aborto. Bisogna affrontare questo tema, non pensare a ciò, come, ormai, ad un “dato di fatto”, di cui non sia utile nemmeno parlare nelle conversazioni.
Ci rivolgiamo a tutti: in primis ai Cattolici, ma anche a tutti gli uomini di buona volontà.
L’obiettivo del comitato Pro-life insieme è duplice, di carattere culturale e di aggregazione dei pro-life in Italia: ci proponiamo di contribuire a ricostruire l’immagine del bimbo non nato, della donna, dell’uomo, della coppia, della famiglia, in una realtà che ha distrutto il nucleo fondante della società.
A) La nostra attività sarà prevalentemente di diffusione, sensibilizzazione, valorizzazione di messaggi e informazioni volti a contrastare l’aborto procurato, il problema vero e unico al quale vogliamo opporci, ma dal quale derivano tutti i mali. Il tono sarà sempre pacato, costruttivo, deciso ma rispettoso, mai polemico. L’esperienza sul campo di coloro tra noi che operano a favore della vita conferma che la donna che resta incinta, qualunque sarà l’esito della gravidanza, è già madre, quindi, dopo l’aborto, soffre per sempre per aver perso la vita che portava in grembo.
B) Per quanto riguarda l’obiettivo di aggregazione: servono le forze di chi opera nel campo del volontariato pro-life, di chi è attivo sul proprio territorio per la difesa del bimbo non nato, di tutti coloro che, pur senza far parte di associazioni, gruppi, movimenti, vogliono rappresentare il “ popolo della vita” che è vivo e numerosissimo nel nostro Paese. L’unione fa la forza, dispersi e disuniti non si ottiene molto.
Senza appartenenze partitiche, laici nel vero senso del termine, sotto l’ispirazione e la guida del Magistero della Chiesa cattolica ma aperti a tutti, credenti e non credenti, disponibili al dialogo e al confronto con chi condivide l’idea di fondo: l’aborto è un male radicale, il bambino merita, una volta concepito, di nascere e di essere accolto con amore.
Perché ciò accada va cambiato innanzitutto il linguaggio comunemente utilizzato dai media e va chiarito che:
A) non si può parlare di diritto all’aborto ma di diritto a nascere;
B) bisogna usare verità, perché tutti capiscano che l’aborto è la soppressione di un essere vivente appartenente alla specie umana, il che è dato scientifico inoppugnabile (non verità di fede);
C) no ai diritti di chi può prevaricare sul più debole, solo perché già nato; no al “diritto del più forte”;
D) No all’antagonismo tra uomo e donna, alla presunta supremazia dell’uno sull’altra;
E) Sì al ruolo centrale del bimbo concepito;
F) sì alla valorizzazione della maternità, privilegio esclusivo della donna;
G) sì alla valorizzazione dell’uomo, del suo ruolo forte di sostegno e accompagnamento della donna in difficoltà per la gravidanza;
H) sì al ruolo centrale della coppia e della famiglia.
6) Cosa significa essere pro-life? Chi può diventare pro-life?
A livello di morale naturale essere pro-life significa aver conservato almeno un briciolo di umanità.
In un certo senso si può affermare che il pro-life è semplicemente un essere umano non del tutto degradato. L’abortista che è consapevole di quello che porta avanti, al contrario, ha perso la sua umanità.
Il modo in cui si considerano gli esseri umani più deboli, il bambino non nato, il malato terminale, l’anziano, sono il metro di giudizio del singolo e della società. Tutti quindi, in quanto esseri umani possono diventare pro-life, ma a maggior ragione quindi ogni Cattolico in quanto tale dovrebbe essere pro-life.
Quindi forse si dovrebbe riformulare la domanda in modo diverso: si può essere Cattolici (e più in generale Cristiani, e più in generale ancora umani) e non essere pro-life?
Vorrei dire un’ultima cosa. Il nostro operato è quello prima di tutto impedire che venga stroncata la vita di un bambino, ma non dimentichiamoci che “il bene porta il bene”. Aiutare una donna a non abortire vuol dire fare del bene a quella donna oltre che al bambino.
Mi piace ricordare qui quello che disse papa Francesco, in occasione della conferenza stampa in aereo, durante la Giornata Mondiale della Gioventù del 2019 a Panama.
Gli venne chiesto un parere su una frase forte ed evocativa, pronunciata durante una Via Crucis, in riferimento all’aborto.
“ Il dramma dell’aborto, per capirlo bene, bisogna stare in un confessionale “
Il Papa disse che per tutti c’è misericordia, ma in riferimento alle donne che hanno preso coscienza di avere abortito è un percorso difficile e doloroso. Disse:
“Sono drammi terribili. Una donna quando pensa quello che ha fatto… Bisogna essere nel confessionale, lì devi dare consolazione e per questo ho concesso a tutti i preti la facoltà di assolvere l’aborto per misericordia. Tante volte, ma sempre, loro [le madri] devono “incontrarsi” con il figlio. Io tante volte, quando piangono e hanno questa angoscia, le consiglio così: tuo figlio è in cielo, parla con lui, cantagli la ninna nanna che non hai potuto cantargli. E lì si trova una via di riconciliazione della mamma col figlio. Con Dio, la riconciliazione c’è già, Dio perdona sempre. Ma anche lei deve elaborare quanto è accaduto. Il dramma dell’aborto, per capirlo bene, bisogna stare in un confessionale. Terribile”.