Forlì, le donne e la salute riproduttiva :ma l’aborto non è una liberazione

ttps://www.forlitoday.it/cronaca/ciclo-continuo-a-forli-una-serie-di-incontri-dedicati-alle-donne-e-alla-salute-riproduttiva.html
“Ciclo continuo”, a Forlì una serie di incontri dedicati alle donne e alla salute riproduttiva
Ottima l’idea di confronto tra donne riguardo a temi importanti come “la salute riproduttiva, la persona e il suo lato umano.”  Sorge tuttavia qualche perplessità riguardo a come verranno trattati molti temi. Ad esempio:  “Ciclo lunare: Donne che hanno scelto o accettato di non essere madri”: da un lato si comprende che alcune donne siano costrette a confrontarsi per diversi motivi con la mancanza di una maternità desiderata, mentre sembra strano che altre “scelgano” di non essere madri, di non donare amore a figlioli, di non vederli crescere, di non trovare in loro consolazione rispetto ad altri impegni esistenziali, che poi si rivelano sterili come l’idolo della “carriera”.
C’è poi: “Ciclo liberato: Parliamo di interruzione volontaria di gravidanza”: il titolo elude il termine procurato aborto, questa tragica realtà oscurata col termine IVG “interruzione volontaria di gravidanza”, e fa pensare che il procurato aborto costituirebbe una “liberazione” per la madre che uccide il bambino concepito. Faccio presente che non lo scrivo io, bensì Giorgio Pardi, professore di ostetricia-ginecologia presso la Clinica Mangiagalli di Milano: insieme con Giovanbattista  Candiani, fu il primo ad eseguire un’interruzione di gravidanza in Italia dopo l’introduzione della 194/1978, ma riteneva più che necessaria la presenza dei CAV Centri di Aiuto alla Vita accanto ai reparti di ostetricia. Era e rimaneva (illogicamente) a favore della 194/1978. Rilasciava tuttavia questa dichiarazione: «Sono ateo, l’ho già detto? Io non credo in Dio, non ho la grazia della fede, che vuole che le dica? Quindi scriva scriva scriva che il dottor Pardi Giorgio è ateo o, se preferisce, è un laico. E aggiunga anche che per ritenere l’aborto un omicidio non serve la fede. Basta l’osservazione. Quello è un bambino. L’aborto è un omicidio. Difendo ancora la 194, ma è soprattutto nella parte a tutela della vita che andrebbe applicata. Perché l’interruzione di gravidanza è una ferita che non si cicatrizza». https://www.tempi.it/giorgio-pardi-laborto-un-omicidio/
Molte donne, che hanno creduto che il procurato aborto costituisse una “libera scelta”, anziché la negazione della loro stessa natura di madri, hanno sperimentato sulla loro psiche e sul loro corpo gli effetti avversi del procurato aborto: emorragie, sepsi, danni anatomici a carico dell’utero, successivi aborti spontanei e parti pretermine, malattia infiammatoria pelvica, infertilità, gravidanze ectopiche, ansia e depressione, rimpianto, disturbo post-traumatico da stress, etc. Effetti avversi cui va aggiunto il drammatico incremento di cancro della mammella a causa del Link ABC cioè il rapporto causale tra Abortion e Breast Cancer.
Le donne per esercitare quella che viene pubblicizzata come una “libera scelta”, dovrebbero ricevere ampie informazioni sia riguardo al fatto che si prestavano ad uccidere un loro figlio, sia riguardo agli effetti avversi che il procurato aborto poteva avere sul loro corpo e sulla loro psiche nell’immediato e a distanza di tempo.
Una ricerca effettuata da David Reardon, Katherine Rafferty, Tessa Longbons (Cureus 2023; due Autrici sono donne) su 226 donne statunitensi che si erano sottoposte a procurato aborto: almeno il 60% ha dichiarato che, se soltanto avesse trovato maggiore aiuto ed assistenza, avrebbe preferito avere il bambino; parimenti altro studio del Medical Science Monitor riporta che il 79%  delle donne reduci da un procurato aborto lamenta di non essere stata preventivamente informata di alternative alla eliminazione del bambino: il ripensamento ed il fardello del procurato aborto è quindi percentualmente preponderante. Riguardo a gravidanze indesiderate ma poi portate a termine, invece, Corinne Rocca, Heidi Moseson, Heather Gould, Diana Foster, Katrina Kimport (Social Science & Medicine 2021; tutte Autrici donne) hanno seguito per cinque anni 161 donne, le quali avevano chiesto di abortire, ma per un qualche motivo erano state costrette a proseguire la gravidanza: ad una settimana dal rifiuto dell’aborto il 65% di queste donne avrebbe ancora desiderato abortire; ma subito dopo il parto la percentuale si riduceva al 12%, dopo il primo anno al 7%, a distanza di cinque anni al 4% appena. Si può dunque concludere che solo in una infima percentuale di casi una gravidanza non desiderata, ma portata a termine colla nascita del bambino, genera un qualche disagio, mentre uno scottante 79% di rimorsi grava sulle donne che hanno abortito.
Se queste evidenze e se questi numeri non vi sembrassero soddisfacenti, nell’ambito di “Ciclo liberato: parliamo di interruzione volontaria di gravidanza” si potrebbe leggere lo studio effettuato da ricercatrici tutte donne: Nathalie Auger,  Jessica Healy-Profitós, Aimina Ayoub , Antoine Lewinf, Nancy Low: Induced abortion and implications for long-term mental health: a cohort study of 1.2 million pregnancies. Journal of Psychiatric Research Volume 187, July 2025, Pages 304-310 https://www.sciencedirect.com/science/article/pii/S0022395625003309 Questo studio su 1.200.200 unmilioneduecentomila donne dimostra che al procurato aborto, anche quando la donna mascheri a sé stessa la motivazione profonda, fanno seguito con drammatica frequenza disturbi psichiatrici, ricorso a droghe, suicidi.

Perché le donne vengono ingannate e non si vuole mostrare loro la realtà? Come ad esempio la realtà del battito cardiaco fetale che con le attuali strumentazioni è verificabile già alla 5^-6^ settimana dal concepimento.
Le energie e le risorse economiche che vengono spese per promuovere il procurato aborto, andrebbero invece sapientemente erogate per aiutare le madri a realizzarsi come madri.

Dott. Luciano Leone
Medico Chirurgo, specialista in Pediatria
http://www.prolifeinsieme.it