Donna inchiodata alla Croce ogni giorno in cui rinuncia alla vita del figlio

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La foto pubblicata il 25 giugno scorso in prima pagina da L’Espresso merita un commento. Non starò però ad approfondire la questione se ancora oggi una tale immagine possa concretare un fatto penalmente perseguibile. Non starò neanche a soffermarmi sul fatto che, a distanza di 50 anni dalla pubblicazione di quella immagine, nessuno vuol sentir parlare di Gesù ma, ogni volta che si vuol fare colpo o scandalizzare, si tira ancora in ballo il Povero Cristo, sbeffeggiandolo nelle più fantasiose e indecorose modalità.
In qualità di volontaria delle Associazioni Movimento e Centro per la Vita e Difendere la Vita con Maria, preferisco commentare sulla base delle esperienze personali maturate sul campo negli ultimi anni.
50 anni fa quella foto voleva denunciare il sacrificio delle donne inchiodate a gravidanze non volute, in nome di una libertà di abortire che le avrebbe liberate per sempre. Ebbene, dopo tanti anni, vorrei dire a colui che l’ha pubblicata con orgoglio che, nonostante la Legge 194 e l’accesso illimitato all’IVG, su quella croce restano inchiodate ancora molte donne. Mi riferisco però a quelle donne lasciate sole ad abortire nel bagno di casa, in compagnia unicamente di una pillola alla quale si usa dare i nomi più svariati ma che sempre abortiva resta. Mi riferisco a quelle donne che, se l’espulsione del “prodotto del concepimento” -che è un essere umano, si badi bene! – avviene di sabato o domenica, non sanno a chi rivolgersi, crocifisse dai dolori lancinanti e dalla paura di quello che sta loro accadendo. Mi riferisco a quelle donne che hanno dovuto rinunciare ai loro bambini perché ormai sfiduciate dalla vita e dagli esseri umani e che troppo spesso si rendono conto della voragine di dolore che l’aborto ha aperto nelle loro anime soltanto dopo averlo praticato, quando è troppo tardi per tornare indietro, e restano inchiodate a un senso di colpa incommensurabile. Mi riferisco a quelle donne le cui lacrime inconsolabili mi sono ritrovata troppe volte ad asciugare e che, sì, proprio io del CAV, per ironia della sorte, anziché aiutare a far nascere i loro bambini, ho dovuto aiutare a seppellirli degnamente, nella certezza che soltanto la consapevolezza di avere un angelo dal Cielo che le aveva perdonate e vegliava su di loro, potesse alleviare il dolore immenso della perdita.

Avv. Elisabetta Veltroni
Comitato “ Pro-life insieme “
www.prolifeinsieme.it