22 maggio, compleanno della 194: libertà da festeggiare o schiavitù da combattere?
Tutto il mondo occidentale sembra oggi esaltare il baluardo della nostra civiltà, ovvero l’introduzione della legge 194/78, garante, a detta della ideologia dominante, dei cosiddetti “diritti riproduttivi” della donna.
In realtà la legge definisce, almeno sulla carta, il suo primo obbiettivo, proprio quello della tutela della maternità e vieta l’ utilizzo della interruzione volontaria di gravidanza per il controllo delle nascite. I promotori di questa legge puntavano molto sul fatto che sarebbe servita a combattere gli aborti clandestini, pericolosi per la salute della donna.
Oggi in Italia dopo 47 anni, più di 6.000.000 di vittime (il numero di bambini non nati al 2022 era di 5.987.323 oggi ahimè ancora più elevato), la curva di denatalità in continua discesa e il trend degli aborti clandestini immutato, non possiamo sottrarci al dovere di guardare la realtà: la legge 194 è stata un totale fallimento!
Quante vittime da piangere e quante madri da consolare, ma di questi rimpianti e di questo dolore è letteralmente proibito parlare.
La verità non si può mostrare, vietato fare riflettere, vietato pensare, vietato obiettare.
I medici obiettori di coscienza infatti sono sempre più attaccati dalle associazioni transfemministe che li minacciano con violenza verbale, in nome di una libertà che in realtà rende le donne schiave di se stesse: quale peggiore padrone del nostro “io”!
Si parla tanto di legge 194, come se il fatto di essere “legge” costituisca necessariamente la tutela di qualcosa di buono e di giusto: ricordiamoci che la schiavitù è stata legale per secoli!
Ma oggi l’aborto non si può mostrare! Per assurdo in un mondo pieno di film splatter e scene hard a tutte le ore in TV e in rete, mostrare le immagini di una completa e reale procedura di aborto, dove il feto viene smembrato e risucchiato dal grembo materno, sembra talmente scandaloso da essere vietato in ogni contesto! Come si può parlare di libertà di scelta in mancanza di un vero consenso informato! La proposta di legge “Un Cuore che Batte”, depositata in Parlamento, che prevede l’ obbligo per il medico di proporre (ma nessun obbligo per la donna di accettare) di vedere il piccolo con una ecografia ed ascoltare il battito del suo cuore prima di prendere la decisione definitiva di abortire, viene oggi definita “violenza”. Insomma un mondo al contrario.
Una ingiustizia resta tale anche se è legale!
I bimbi non nati sono le creature più fragili e indifese e vanno protette non eliminate: quante generazioni di esseri umani sono state cancellate ancora prima di nascere solo perché questi bimbi non erano stati desiderati.
Noi del Comitato “Prolife Insieme” collaboriamo ogni giorno con una vasta rete di associazioni in difesa della vita nascente, affinché, grazie ad un indispensabile aiuto dall’Alto, si possa al più presto dichiarare per legge a livello nazionale e internazionale che “l’aborto è un crimine contro l’umanità”.
Dopo quasi 50 anni è ora che i cittadini italiani si chiedano: da che parte vogliamo stare?
Manuela Ferraro
Per Comitato “Prolife Insieme”