Femminismo come discriminazione della donna libera di pensare

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Gent.mo Direttore,
gli autori di questo articolo hanno perfettamente ragione quando segnalano che in tempo di guerra le donne sono state costrette ad assumere ruoli precedentemente attribuiti agli uomini, poiché il lavoro nelle fabbriche richiedeva forza fisica più tipicamente maschile. Ma sfugge loro che lo sfruttamento del lavoro femminile, ed anche minorile, esplode con la rivoluzione industriale e prosegue nei regimi socialisti.
Per altri aspetti risulta difficile seguire il loro ragionamento, che risulta avverso e discriminativo proprio nei riguardi della natura femminile. La natura binaria dei sessi, maschile oppure femminile, non avrebbe bisogno di essere dimostrata, non è parte di una ideologia o della sola cultura cattolica, bensì è attestata da femministe come Germaine Greer  e Marguerite Stern, dal biologo ateo Richard Dawkins.

La teoria gender è stata inventata non su basi di fondate conoscenze di fisiologia medica, bensì inseguendo presupposti filosofici. Infatti è stata promossa da Judith Butler, statunitense (nata nel 1956), laureata in filosofia, docente di retorica e letterature comparate presso l’Università di Berkeley in California, la quale “si è posta al centro del dibattito post-strutturalista; nel 1990 ha pubblicato Gender trouble (Inquietudine ovvero Disturbo del genere sessuale) in cui ha messo in discussione la naturalità dell’identità di genere, affermandosi come una delle maggiori esponenti della teoria queer.” Come si vede la Butler non ha alcuna preparazione biomedica, e neppure buon senso comune.

Nel numero speciale della rivista «differences» (1991, 3) Teresa De Lauretis Queer theory. Gay and lesbian sexualities (Teoria queer. Sessualità omosessuali e lesbiche) pubblicava gli atti dell’omonimo convegno svoltosi nel febbraio 1990 parimenti presso l’Università della California. Queer (strano, bizzarro) è termine inclusivo che permette di indagare e nominare tutti gli aspetti della sessualità: si tratta di un “approccio teorico che enfatizza la mutabilità, l’instabilità, la provvisorietà delle identità.” Mentre queste identità cangianti apparterrebbero al vissuto del soggetto, in questo ambito il termine drag indica la “pratica del travestimento parodistico.”

Questa ideologia pretende quindi che il genere sessuale risulti esclusivamente costruito in rapporto alla società di appartenenza, e possa essere de-costruito dal singolo soggetto, il quale potrebbe modificare nel tempo a suo piacimento la sua identità sessuale. Essa prescinde totalmente da ogni evidenza e da ogni realtà biologica, che sottende alle scelte operate nei vari tipi di società in ordine all’educazione ed all’inserimento sociale dei due sessi naturali maschi e femmine.

L’esplosione di tali fenomeni, il dilagare da un ristretto numero di persone e da un circolo di ricercatori universitari più o meno politicizzati e sponsorizzati è stato programmato e voluto da poteri forti, che hanno investito in questa ideologia grandi mezzi finanziari ed ottenuto cospicue rendite economiche dal mercato dei mezzi di comunicazione e di intrattenimento, dall’industria farmaceutica, dalle cliniche per il cosiddetto cambio di sesso, dai contributi statali per le attività sanitarie. (cfr ad esempio: Jennifer Bilek: Transsexual Transgender Transhuman: Dispatches from The 11th Hour. Pinifex Press 2024)

Riguardo ai diritti riproduttivi occorre riflettere accuratamente che cosa sia veramente nell’interesse della donna. Coloro che invocano la libertà di scelta, dimenticano che il primo criterio consiste nel giudicare se un’azione sia morale oppure immorale, buona o cattiva, lecita oppure illecita. Nel caso del procurato aborto chi parla di “libertà di scelta” mette il carro davanti ai buoi, sovverte l’ordine logico del giudizio. Soltanto quando un’azione è morale, buona, lecita subentra la “libertà di scelta”: soltanto se sono libero da altri doveri, posso scegliere se leggere un libro oppure se fare una passeggiata.
Non esiste la “libertà di scelta” di ammazzare, di violentare, di rubare, di gettare un’automobile a folle velocità. Quindi non esiste neppure “libertà di scelta” di chichessia nei confronti del bambino concepito e nascituro.
La libertà di scelta prevede inoltre che la madre, che pensi al procurato aborto come alla soluzione dei suoi problemi contingenti, riceva adeguata informazione per formulare il suo consenso informato previsto da qualsiasi legge per qualsiasi procedura chirurgica o medica di rilievo. Gli abortisti non soltanto occultano la natura umana del bambino concepito, bensì nascondono la crudeltà del procurato aborto (bambino fatto a pezzi, o spappolato per aspirazione, o ustionato a morte con soluzioni saline per aborto chirurgico; espulso a forza e quindi fatto soffocare per aborto chimico) e le conseguenze prossime o differite per la madre. Mentre si appresta ad uccidere suo figlio, la madre avrebbe il diritto di ricevere ampie informazioni anche riguardo agli effetti avversi che il procurato aborto può avere sul suo corpo e sulla sua psiche nell’immediato e a distanza di tempo: emorragie, danni anatomici a carico dell’utero, successivi aborti spontanei e parti pretermine, malattia infiammatoria pelvica, infertilità, gravidanze ectopiche, ansia e depressione, rimpianto, disturbo post-traumatico da stress, etc.  Ma probabilmente i fautori del libero aborto non sono sufficientemente informati, oppure hanno interesse ad diffondere disinformazione.
Gli abortisti diranno che il concepito non è vita, non è vita umana, e robe del genere. Ma allora, quando viene praticata la fecondazione artificiale, che cosa si trasferisce nell’utero della donna? Una non-vita? Un non-essere-umano? Ma se fosse possibile impiantare in utero una entità diversa da quella umana, per esempio la blastocisti di una gatta, nascerebbe infine un gattino! Inoltre l’art.7 comma 3 della 194/1978 stabilisce che “Quando sussiste la possibilità di vita autonoma del feto, l’interruzione della gravidanza può essere praticata solo nel caso di cui alla lettera a) dell’articolo 6 e il medico che esegue l’intervento deve adottare ogni misura idonea a salvaguardare la vita del feto”. Il Lettore può giudicare se in questo comma 3 vi sia o meno logica o ipocrisia.  A me almeno una affermazione del genere suona come dire: “Se cerchi di ammazzare una persona, ma questa per caso sopravvive, allora portati dietro il kit di rianimazione”.
Riguardo infine all’inclusione inviterei tutti a riflettere sull’aumento esponenziale dei reati violenti nelle nostre città in seguito alla importazione selvaggia di cosiddetti migranti, i quali entrano illegalmente in Italia e in Europa anziché con regolare permesso di soggiorno e con contratto di lavoro già sottoscritto. Tutti si illudono di trovare in Italia e in Europa vita facile e lussuosa. Alcuni delinquono per sopravvivere, altri sono delinquenti in fuga dai loro paesi. Le violenze sessuali perpetrate da stranieri presenti in Italia coprono oltre il 30% dell’increscioso  totale, pur essendo gli stranieri circa 6milioni. Spesso, al capodanno a Milano ed al concertone di Roma adesso, questi stupri sono organizzati in base allo schema della taharrush gamea: il gruppo degli stupratori circonda ed isola la vittima. Ma anche qui dalle femministe si ode un silenzio di tomba. A queste violenze sono esposte le persone più indifese, che vengono aggredite per i loro piccoli averi, per invidia e odio razziale, e stuprate.

Dott. Luciano Leone
Medico Chirurgo, specialista in Pediatria
Comitato ProLife Insieme
http://www.prolifeinsieme.it