Replica all’articolo del Corriere.it del 20.01.2025 di Federico Fubini
Procreazione assistita, perché in Italia avere un figlio a 40 anni è un nuovo status symbol.
“E’ tutto tremendamente irrazionale, anche solo da un punto di vista economico (per non parlare degli aspetti sociali ed umani)”. Questa è la considerazione che l’autore dell’articolo presenta a commento delle sue osservazioni in merito a quanto da lui raccolto sull’applicazione della legge 40/2004 per la Procreazione Medicalmente Assistita (PMA) in Italia. Certamente la sua lettura dei dati è rivolta a rilevare essenzialmente le “diseguaglianze di ceto e di territorio” per le coppie italiane che ricorrono alle tecniche di fecondazione extracorporea, in considerazione del numero e della distribuzione dei Centri preposti, privati e pubblici; infatti, nonostante l’inclusione, da questo gennaio 2025, nei nuovi LEA di queste costose procedure, vengono sottolineate le notevoli difficoltà che comunque rimangono per corrispondere alla crescente domanda di maternità, soprattutto per le donne oltre i 40 anni e residenti al centro-sud della penisola.
Ma veniamo alle nostre considerazioni sulla PMA cheparadossalmente – pur in senso antitetico – si avvalgono della stessa considerazione iniziale fatta dal giornalista Fubini. La nostra innanzitutto, non è una “visione” che si fonda su principi aprioristici o confessionali, ma è essenzialmente un giudizio di valore alla luce dei dati che leggiamo e deduciamo dalle Relazioni ministeriali al Parlamento italiano sull’applicazione delle L.40/2004; l’ultima è stata presentata il 10.11.2023 per l’anno 2021, più di 2 anni di ritardo! Sicuramente la complessità dei dati e la comunicazione incompleta dei vari Centri di fecondazioneitaliani, per la maggioranza “privati”, non consentono un lavoro facile da parte del Ministero della Salute. Diversi infatti sono i “numeri” della Relazione che non permettono di capire fino in fondo tutti gli aspetti delle procedure adottate e le sorti di tanti embrioni prodotti.
“…tremendamente irrazionale”… per le incongruenze delle procedure tecniche. Nel corso degli anni, dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 151/2009 che aboliva l’obbligo di un unico e contemporaneo impianto degli embrioni fecondati in numero non superiore a 3, i Centri della PMA tendono sempre di più a sovrastimolare le ovaie per ottenere un numero sempre maggiore di ovociti per prelievo (nel 2021, in media 7,7/prelievo). Ma di tutti questi ovociti nel 2021 ne sono stati inseminati solo il 51,40%. L’8,9% dei cicli poi, sono stati sospesi prima del prelievo e il 12% interrotti dopo il prelievo per la sindrome severa da iperstimolazione ovarica (OHSS) soprattutto nelle donne ultraquarantenni. A questa iperproduzione di ovociti, succede una sovraproduzione di embrioni che nel 2021 sono stati crioconservati per il 61,30% di tutti quelli trasferibili in utero. Infatti, negli ultimi anni, la maggioranza dei trasferimenti avviene utilizzando 1 o 2 embrioni; nel 2021: il 50,7% con 1 embrione, 2 embrioni nel 44,1% e soltanto nel 5,2% dei casi sono stati trasferiti 3 embrioni contemporaneamente. Alla luce di questi dati che vanno consolidandosi negli anni, sorge spontanea una domanda: che senso ha condurre stimolazioni forzate dell’ovulazione con tutti i rischi per la salute che queste comportano, soprattutto nelle donne dopo i 40 anni, se poi gli embrioni prodotti in percentuali sempre più ampie finiscono nei crioconservatori dei Centri di PMA? Dal 2005 al 2021 se ne possono stimare, solo per la PMA omologa, un totale di oltre168mila! Questo “problema non va rimandato”, come dice giustamente il Dr. Edgardo Somigliana, ma può essere efficacemente affrontato e limitato almeno in parte, facendo una corretta valutazione della riserva ovarica della donna (come merita essere ben fatta specie se ultraquarantenne) prima di intraprendere l’impegnativo percorso biotecnologico, ed evitare iperstimolazioniormonali massive, ritornando al prelievo di quel numero limitatodi ovociti ma sufficiente a produrre un numero massimo di 3 embrioni per ogni ciclo, secondo l’originale ed opportunaindicazione della L.40 (ex art. 14, commi 2 e 3).
“…tremendamente irrazionale”… nell’efficacia clinica. Nel 2021 in Italia sono ricorse alla fecondazione FIVET/ICSI omologa (ovuli e spermatozoi della stessa coppia) n° 41.172 coppie; di queste hanno avuto un parto con almeno un figlio nato vivo n° 4.636, pari all’11,26%; il n° totale dei “figli in braccio” è stato di 5.156. Rispetto agli embrioni prodotti in vitro (n° totale degli ovociti fecondati 182.128), ne sono stati trasferiti in utero soltanto n° 38.188 cioè il 38,69%; quelli che sono arrivati alla nascita (5.156) sono stati dunque soltanto il 2,83% di tutti i concepiti in provetta (182.128). Nello stesso anno 2021, con la FIVET/ICSI eterologa (ovuli e/o spermatozoi o embrioni donati) sono stati prodotti in vitro o scongelati n° 45.293 embrioni; di questi sono stati trasferiti in utero n° 14.421, pari al 31,83% e ne sono giunti alla nascita soltanto n°2.063, pari al 21,5% dei trasferiti in utero e soltanto 4,55% di tutti gli embrioni prodotti/scongelati.
Se poi andiamo a verificare l’efficacia di queste tecniche nelle donne “status symbol” ultraquarantenni, le percentuali di coppie o donne con “figlio in braccio” scendono in modo significativo, soprattutto nella FIVET/ICSI omologa: a 40-42 anni: 13,84% con il trasferimento di embrioni congelati (FER), 6,54% con ovociti scongelati (FO), 5,85% a fresco; a 43 e più anni: 8,18% con FER, 2% con FO, 1,39% a fresco. E questi risultati sono stati ottenuti dopo ormai 20 anni di applicazione della L.40, e 15 anni dalla sentenza della CC n.151/2009! Un miglioramento dell’efficacianegli anni non certamente esaltante e a prezzo di un numero sempre più alto di embrioni sacrificati e ibernati!
“…tremendamente irrazionale” dal punto di vista etico. Questo è il quadro sintetico dei risultati analizzati per l’anno 2021(cfr Comunicato Stampa n.1/2024 dell’AIGOC) che quantificano la reale efficacia della PMA relativamente alle coppie e ai concepiti in provetta. Anche se questi ultimi, esseri umani, dotati di un proprio DNA, unico ed irripetibile, vivi e vitali nella loro fase iniziale dell’esistenza, non sono affatto trattati come tali dai biotecnologi, pur a dispetto di quanto contenuto nell’art.1 (…assicura i diritti di tutti i soggetti coinvolti, compreso il concepito) della stessa legge n.40/2004!
“…tremendamente irrazionale…” anche dal punto di vista economico. Abbiamo visto innanzitutto, che nel 2021 per la PMA omologa su 50.297 cicli sono nati vivi soltanto 5.156 bambini, cioè il 10,25% dei cicli; per la PMA eterologa su un totale di 13.461 cicli (n. 1.967 con il seme, n. 10.584 con ovociti, 910 seme e ovociti/embrioni donati) sono nati vivi soltanto 2.063 bambini, cioè il 15,32%. Se il costo di ogni ciclo di FIVET/ICSI omologa viene sborsato dallo Stato per un prezzo tariffato di Euro 2.750, prendendo come riferimento di base il numero dei cicli effettuati solo per l’omologa nell’ultimo anno censito, il 2021, pari a 50.297, la somma totale per tutti i cicli effettuati in un anno ammonterebbe a ben 138.316.750 Euro! E di questa enorme spesa ben il 90% circa risulterebbe inefficace, e questa spesa soltanto per la PMA omologa! Per ogni “figlio in braccio” il SSN spenderebbe Euro (138.316.750/5.156) = 26.826!
Un’ultima considerazione in merito alla efficacia della PMA per contenere la denatalità, come viene auspicato nell’articolo. Sembra alquanto semplicistico e strumentale per chi ha interessi economici in queste cose, pensare che le tecniche di PMA, pur a prescindere dalle suddette incongruenze, difficoltà e dagli insuccessi inerenti alle stesse tecniche, possano significativamente avere questa importante funzione nei prossimi decenni. Se infatti facciamo una verifica quantitativa dell’impatto delle nascite da “provetta” sul totale dei nati nell’anno 2021 in Italia, constatiamo che su 400.249 nati soltanto 11.722 erano stati ottenuti con laPMA, cioè il 2,92%! Ci sono ben altre risorse culturali e sociali che possono contrastare con più sicura efficacia il nostro triste e grave calo demografico. Ad esempio, fare di tutto, ad ogni livello,perché le gravidanze indesiderate vengano finalmente portate alla nascita dei bambini, sostenendo in tutte le necessità le rispettive madri e le famiglie. Se, per ideale ipotesi, fosse stata fatta nell’anno 2022, una completa prevenzione delle IVG (registrate n. 65.661), a fronte di un numero totale di nati nello stesso anno di 393.000, avremmo contribuito per il 16,70% a sostegno della natalità! Se dunque i fondi previsti per la PMA nei LEA, non fossero sottratti al SSN che versa in gravi difficoltà per garantire in tempi opportuni percorsi diagnostici e terapeutici ai cittadini, e magari andassero anche a migliorare il welfare direttamente a sostegno della genitorialità, il “diritto di avere un figlio a tutti i costi, senza costi” verrebbe sicuramente meno, ma a grande beneficio della comunità.
Dott. Alberto Virgolino
Presidente Associazione italiana Ginecologi Ostetrici Cattolici
Comitato “ Pro-life insieme “
www.prolifeinsieme.it