“Un’Italia senza aborto. Idee per il movimento pro-life”.
Credo sia un titolo molto calzante, in quanto centra il punto alla base di una divergenza profonda nell’attuale panorama pro-life italiano. Mi riferisco all’approccio da tenersi su questo tema e, in modo particolarissimo, sulla legislazione attualmente vigente nel nostro paese sull’aborto. Credo, infatti, che questa divergenza nasca dalla considerazione della fattibilità o meno che un’Italia senza aborto e, ancor più, senza legge 194, possa davvero esistere.
Nella mia breve esperienza, ho avuto modo di conoscere diversi pro-life, di parlare con loro o di leggere i loro commenti e vedere le loro reazioni sui social. Questo mi ha dato un po’ il termometro della situazione. Mi sembra di poter affermare che da tempo, ma soprattutto oggi, nel mondo pro-life, si possano delineare nettamente due macro–correnti di pensiero sull’approccio da avere nei confronti dell’aborto e dell’iniqua 194. A grandi linee potremmo definirle così: una “massimalista” e l’altra “minimalista”. Si tratta di due poli che sono andati estremizzandosi sempre di più. Proviamo a delinearne i tratti per capirci.
Corrente “minimalista”
Secondo questa corrente oggi contrastare frontalmente questa norma, ormai incastonata nel nostro ordinamento giuridico, sarebbe utopistico e, dal momento che gli aborti sono una realtà, anche nel caso ci fossero i numeri per abrogarla, questo non vorrebbe dire eliminare l’aborto. Magari si riconosce in linea teorica l’iniquità della norma, se ne intuiscono gli aspetti controversi e contraddittori, ma si sente di non avere la forza di opporvisi e, anzi, si pensa che se lo si facesse si sarebbe destinati ad un peggioramento della norma che condurrebbe magari o all’abolizione dell’obiezione di coscienza o, addirittura, ad una estensione del periodo in cui l’aborto è consentito per qualsiasi ragione. Si predilige perciò una linea “soft” in cui ci si accontenti di applicare meglio le parti potenzialmente dissuasive, di dare sostegno economico alle donne in difficoltà ecc. Beninteso, questo genere di iniziative, in sé, è nobile e può essere una strada pratica percorribile nel breve termine per cercare di ridurre l’entità del fenomeno per quanto possibile. Ciononostante, la 194 rimane lì, con la sua immensa portata culturale, a vanificare la maggior parte degli sforzi in questo senso. Con questa linea si cede al ricatto tipico dei malvagi: a fronte di un bene che vuole emergere, lororaddoppiano i propri sforzi e minacciano ritorsioni così che chi vuole compiere il bene desista dal suo intento. Questa tattica, soprattutto negli ultimi tempi, funziona perfettamente, così che il male abbia campo libero per continuare ad imperversare, non per la propria forza (il male, di suo, non è potente come lo è il bene), ma piuttosto per il silenzio di chi dovrebbe opporvisi con tutte le forze. Dobbiamo sempre ricordare che solo il bene, metafisicamente parlando, esiste. Il male è definibile solo e soltanto come privazione di bene e, dunque, può prosperare solo laddove il bene difetta.
La “ragion d’essere” della 194 è la soppressione di esseri umani innocenti nel grembo materno: questo fa sì che essa sia una legge iniqua da combattere con tutte le forze.
Per questo non ci sono mezze misure attuabili, essa va abrogata. Per chi si ostina pervicacemente ad affermare che ciò è un’utopia, o chi addirittura, come è stato detto anche di recente, si spinge ad affermare contro l’evidenza che essa «stabilisce il valore sociale della maternità», rispondiamo che la vera utopia non è l’abrogazione di una legge positiva (ogni legge umana, proprio in quanto tale, è sempre abrogabile). La vera utopia è pensare di poter basare la propria strategia di opposizione all’aborto solo e soltanto nell’applicare uno strumento concepito per uccidere col fine di tutelare la vita umana innocente. Sarebbe come pretendere di utilizzare una macelleria per coccolare agnellini.
Anche i primi cinque articoli della 194 sono funzionali alla sua ragion d’essere: infatti, essi continuano a frenare una reale opposizione del mondo pro-life. Ciò avviene perché essi sembrano voler apparentemente porre dei “paletti” alla pratica abortiva, affermando ipocritamente che:
(a) lo Stato tutelerebbe la vita umana dal suo inizio;
(b) i consultori dovrebbero svolgere un’attività di dissuasione della donna intenta ad abortire, includendo eventualmente delle associazioni di volontariato;
(c) ordinariamente si dovrebbe lasciare alla donna una settimana per riflettere prima di rilasciare il certificato.
Questi articoli, nell’immaginario comune, permetterebbero una “applicazione pro-life” della 194. Ma, mi domando e vi domando,come possiamo leggerli in maniera avulsa dal contenuto successivo della norma? In particolare, si noti come (1) furbescamente si parli di «tutela della vita umana dal suo inizio» senza specificare quale sia per non entrare in conflitto con gli articoli successivi; (2) attualmente un obiettore di coscienza non può partecipare alla procedura della 194, perché altrimenti verrebbe coinvolto in atti che ha deciso di non compiere per ragioni morali, giuridiche e deontologiche (si tratterebbe infatti di cooperazione materiale prossima o formale al male) e questo impedirebbe la presenza di qualsiasi cattolico in un consultorio il cui fine ultimo è rilasciare il certificato abortivo; (3) il tutto è pienamente in linea con la concessione alla donna della facoltà di uccidere suo figlio, senza che alcuno possa frapporsi tra lei e tale “decisione”.
Corrente “massimalista”
Ma vediamo ora la corrente massimalista. Questa corrente non si rassegna allo status quo vigente e combatte strenuamente per denunciare l’iniquità della 194, affinché questa sia stralciata dall’ordinamento giuridico. Prendiamo ad esempio i partecipanti alla marcia per la vita a Washington, chi marciava poteva dire di volere un’America post Roe vs Wade e di fatto l’hanno ottenuta: perché noi non possiamo marciare e ottenere un’Italia post 194? La Roe era considerata intoccabile, come di fatto è considerata da noi in Italia la 194. ( leggi qui un approfondimento in merito)
I promotori di questa corrente massimalista non si accontentano della difesa, ma passano all’attacco, consci di una importantissima verità: il male non può essere, in assoluto, distrutto. Non è, infatti, nel potere dell’uomo annullare il libero arbitrio.
Il male si può contrastare con lo strumento legislativo
Tuttavia, si può contrastare, anche con lo strumento legislativo. Ad esempio, sappiamo benissimo che, nonostante vi siano delle norme che proibiscono omicidio e furto e comminano delle pene, gli omicidi e i furti non vengono per ciò stesso azzerati. Ma non è questo il compito della legge! Il senso delle sanzioni è che, magari, persone che in loro assenza si determinerebbero a compiere atti criminosi, non lo farebbero. L’aborto non fa eccezione in questo senso: due studiosi dell’Università di Trento, hanno condotto un’indagine sociologica sulla realtà “aborto legale” in Italia nel 1988 (E. Gius, D. Cavanna, Maternità negata. Ricerca su vissuti e atteggiamenti nell’interruzione di gravidanza, Giuffrè, 1988). Ebbene risultò che il 32% delle donne che avevano abortito, non l’avrebbe fatto in assenza della 194. Quindi in 10 anni di legge, essa é come se avesse “indotto” 800.000 aborti altrimenti evitabili. Molte donne sarebbero state disincentivate dall’uccidere il proprio figlio in assenza della liberalizzazione che questa norma ha introdotto.
La visione illuminata di Mario Palmaro
Ricordava il compianto Mario Palmaro nel suo libro Aborto & 194: «che nella realtà vi sia sempre un certo numero di violazioni della legge vigente non solo è un fatto normale, ma è addirittura qualche cosa di inevitabile».
Palmaro faceva l’esempio dei furti e degli omicidi che avvengono in clandestinità, e aggiungeva che «per ogni divieto scritto dagli uomini nei loro codici, si registrano violazioni più o meno frequenti di quel divieto. Ma c’è di più: l’esistenza delle violazioni è in un certo senso la prova della necessità di quel divieto. Il codice penale si potrebbe infatti definire come la raccolta delle azioni che gli uomini sono di volta in volta tentati di compiere, ma che la società ritiene giusto vietare e punire, per convincere quante più persone è possibile a desistere dal loro proposito criminoso». Per di più, la pericolosità dell’aborto clandestino è un fattore dissuasivo. Sempre Palmaro ricordava che «nessuno si augura che le donne periscano nel compiere un atto abortivo illegale; ma la responsabilità di quell’eventuale decesso non è in alcun modo ascrivibile allo Stato che vieta l’aborto, quanto a chi ha deciso di abortire contro la legge, e a chi ha prestato le proprie abilità tecniche alla commissione di quel reato. È l’aborto che uccide: uccide sempre il figlio; e qualche volta, tragicamente, anche la madre».
I pro-life di fronte al male reagiscono
Ma vediamo ora come questa corrente pro-life reagisce di fronte ad un male che minaccia escalation e, quindi, un peggioramento della situazione. Chi sposa questa linea non si fa intimorire e anzi, raddoppia a sua volta gli sforzi per combattere. Volete un esempio, tratto da una situazione diversa? I Cristeros del Messico negli anni ’30 del ‘900: il presidente Plutarco Elìas Calles aveva imposto una legge restrittiva della libertà religiosa e i cristiani studiarono tutte le iniziative possibili per contrastarla (boicottaggio economico, manifestazioni, ecc.). Calles minacciò ritorsioni, uccise moltissimi cristiani, molti sacerdoti, a fronte di ogni azione contro la sua legge. Non si può negare che questo causò indicibile sofferenza, costando la vita a molte persone, ma ottenne i suoi effetti e Callesfu messo in grave difficoltà. Per chi volesse vedere un bel film sull’argomento, consiglio vivamente il film “Cristiada”. La nostra situazione è chiaramente differente: a noi non viene chiesto il sacrificio della vita, ma di essere fedeli alla verità e alla giustizia anche a costo dell’emarginazione e della gogna mediatica. Ma perdere l’anima, assuefacendosi ad una situazione iniqua, morendo spiritualmente e moralmente giorno dopo giorno nel continuo riadattamento per la paura delle ritorsioni dei nemici, è di gran lunga peggio che pagare il prezzo di una testimonianza integrale del bene. In un caso si perde per sempre la propria anima, nell’altro si può arrivare anche a perdere la vita, ma rimane il merito che costituisce la corona di gloria in Cielo.
Non basta il lavoro di dissuasione dall’aborto dei volontari pro-life, pur nobile che sia
Forse vi starete domandando: ma dove sono quindi le “idee” di cui si parla nel titolo della conferenza? Questa domanda parte dal sentimento, molto nobile, di voler fare qualcosa di immediato per salvare quanti più innocenti possibili. Su questo punto, molto importante, ci sono persone che fanno un lavoro quotidiano, molto spesso dietro le quinte, e che riescono a dissuadere molte donne dall’aborto. Ma dobbiamo cercare di capire che il nostro compito non può esaurirsi qui. Nel senso, che non può essere questo il fine ultimo di tutta la nostra azione pro-life. Può, semmai, essere un fine intermedio col quale cercare di limitare i danni quanto possibile in attesa di poter incidere a sufficienza da ripristinare l’ordine che gli abortisti rivoluzionari hanno rovesciato. Ma questo ordine non può essere restaurato se prima non lo si studia, non lo si conosce, non si capisce come è stato sovvertito! Noi dobbiamo conoscere quest’ordine per imparare ad amarlo e a combattere per esso. Nessuno, infatti, ama ciò che non conosce. L’ordine a cui mi riferisco, è l’Ordine Cristiano, quell’ordine voluto da Dio per cui tutto è permesso, tranne l’esplicita violazione dei Dieci Comandamenti, soprattutto nell’espressione più violenta del peccato pubblico, regolato ed incentivato persino dall’ordinamento giuridico! L’aborto non è un male solamente perché, come spesso si dice, è un dramma della società, una sofferenza della donna. Abbiamo il coraggio di andare oltre! L’aborto è certamente queste cose, ma lo è in quanto violazione dell’ordine naturale stabilito da Dio, in quanto violazione del quinto comandamento “non uccidere l’innocente”.
È dalla violazione dell’ordine che nascono la sofferenza, il dramma
Essi sono la naturale conseguenza che scaturisce dalla rottura dell’ordine. Mentre l’unica vera pace e l’unica vera felicità, come insegna Sant’Agostino, stanno nella tranquillità dell’ordine. Il vero dramma è il peccato, mortale o veniale che sia, la rottura del nostro legame con Colui che ci ha creati e ci mantiene ogni momento nell’essere. Noi dobbiamo avere un profondo orrore del peccato, che ci separa dalla nostra prima causa, e amare profondamente l’ordine perfetto da Lui voluto. Solo così, potremo sperare di vincere il male che ci stringe nella sua morsa. Solo così, potremo affrettare quello che la Madonna, a Fatima, definì come il trionfo del Suo Cuore Immacolato.
Per “ Pro-life insieme”
Dott. Fabio Fuiano
presidente Universitari per la Vita
(Ringrazio di cuore Lorenzo Roselli che ha organizzato questo interessante incontro, i relatori qui presenti e Tradizione Famiglia e Proprietà per averci ospitati in extremis.)
Intervento a Milano 20/06/2024