6/12/1975, femministe urlanti e aggressive: la donna può essere altro

Egregio direttore,
Scrivo in merito all’articolo sulla manifestazione di donne del 6/12/1975 https://www.belvederenews.net/6-dicembre-le-femministe-in-piazza-per-la-prima-volta/: mi permetta di dissentire dai toni celebrativi di quei momenti, ma soprattutto dell’eredità che ci hanno consegnato.
Già il fatto che il corteo si sia svolto “ in un clima sociale carico di tensioni” rivela il lato preoccupante di una realtà che non riesce ad immaginare una presenza pacifica e costruttiva. E uso il presente perché lo stile di queste manifestazioni è ancora lo stesso, se non peggiore: tutte le volte che le femministe si coordinano le notizie di aggressioni, devastazioni, offese occupano le prime pagine di tutti i media.
L’affermazione poi, contenuta nell’articolo, legata alla “ forte cultura patriarcale” ( ritenuta estinta nel ‘700 da illustri sociologi quale Ricolfi) lascia perplessi perché, seppure gridata nel 1975, chiamata in causa ancora oggi, nel 2025, risulta semplicemente risibile.
Soprattutto ciò che risulta del tutto anacronistico è la rivendicazione ai diritti riproduttivi, alla libertà sessuale: sembra che oggi nessuno più abbia limiti di alcun genere, né personali né sociali, a fare ciò che vuole del proprio corpo e della propria vita.
Tranne un gruppo di donne: quelle che non intendono confondersi con chi urla, rivendica, aggredisce. Le donne che ritengono un privilegio la maternità, una conquista la serenità di coppia, un dono la famiglia. Le donne che riescono ad occupare posizioni lavorative anche di pregio senza dover ricorrere alle “ quote rosa”( non vedo umiliazione più scottante, essere trattate come panda). Le donne che contribuiscono alla società anche decidendo di non impegnarsi al di fuori delle mura domestiche per dedicarsi alla famiglia. Ecco, questa categoria di donne sembra non avere nemmeno diritto di esistere: nell’immaginario collettivo se non si urla, non si rivendica, non si aggredisce, allora non si può essere rappresentativi del genere femminile.
Ma parliamo “dell’eredità di quel giorno”: a mio avviso, solo macerie. Gli anni successivi al 1975 hanno visto l’approvazione di una delle leggi più ingiuste e devastanti della società, la 194/78, legge di aborto. Con più di 6.000.000 di bambini innocenti trucidati nel ventre delle loro madri il bilancio delle rivendicazioni femministe si rivela il più mortifero che esista. A ciò si aggiunga l’impianto di tale legge, totalmente squilibrato a svantaggio del padre del bimbo, privo del diritto di esprimere un’opinione in merito al figlio da due persone concepito. Risultato? Dal panorama complessivo è sparito l’uomo, relegato a mero sostenitore delle idee delle femministe, supino ai diktat dell’agenda globale che vuole un mondo povero di amore. Questa la parola chiave mancante in tutti i dibattiti e tutte le manifestazioni. Considerato una mielosa svenevolezza da poeti, latita l’amore in queste femministe ostili a tutto ciò che non le rappresenta.
Direi che mezzo secolo di danni possono anche bastare. Urge una “ rivoluzione culturale “ che rimetta al centro la famiglia e riconosca la ricchezza della differenza tra uomo e donna, nella loro complementarietà.

Prof. Vittoria Criscuolo
Vicepresidente del Comitato “ Pro-life insieme “
www.prolifeinsieme.it